Zamberletti: funziona solo il modello Friuli

I suggerimenti dell’“uomo della ricostruzione”: «Nessun risultato dove si scelsero altre vie»
Gemona 6 maggio 2016. Visita Presidente Mattarella. © Foto Petrussi / Petrussi Diego
Gemona 6 maggio 2016. Visita Presidente Mattarella. © Foto Petrussi / Petrussi Diego

UDINE. «Il modello Friuli è l’unico che funziona quindi non va modificato. Dove l’hanno fatto non ha dato i risultati che credevano di ottenere». L’onorevole Giuseppe Zamberletti parla con cognizione di causa: 40 anni fa era lui il commissario straordinario per la ricostruzione del Friuli e fu proprio lui a gestire la rinascita dei 137 comuni duramente colpiti dal sisma che il 6 maggio 1976 lasciò sul campo mille morti, 3 mila feriti e 100 mila senzatetto. Nominato a poche ore dal disastro e poi anche il 13 settembre 1976 quasi alla vigilia della scossa che costrinse 40 mila friulani all’esodo nelle località balneari, Zamberletti lasciò il Friuli il 25 luglio 1977.

Del modello Friuli conosce ogni dettaglio ecco perché da allora, tutte le volte che si trova di fronte a nuovi terremoti, continua a ripetere: «È l’unico possibile, prevede la delega ai sindaci, l’installazione dei prefabbricati e la ricostruzione dei paesi dov’erano e com’erano».

In queste ore, nell’Italia centrale sono in molti a evocare questo modello come esempio da seguire. Esattamente come accadde nel 1976 in quest’angolo di Nordest, le comunità chiedono di tornare a vivere nei luoghi di sempre e rifiutano le new town.

Tocca al neo commissario Vasco Errani, neonominato da Renzi, raccogliere questa sfida e per vincerla, sempre secondo Zamberletti, non può che applicare il modello Friuli. Anche perché, spiega, «dopo il Friuli quel modello è l’unico possibile. Lo conferma il fatto che è stato applicato per gestire il post terremoto in Irpinia, in Emilia, dappertutto. Solo a l’Aquila si scelse un’altra via e i risultati sono sotto gli occhi di tutti».

Seppur più contenuta, geograficamente la situazione ad Amatrace e negli altri comuni distrutti è simile a quella del Friuli: «I paesi annientati mi ricordano quelli del Friuli» afferma Zamberletti facendo notare però che le dimensioni, in termini numerici, erano diversi. Dopo il 15 settembre furono trasferite sulla costa adriatica circa 40 mila persone, mentre nel centro Italia si stimano 2.500 sfollati.

Ma i numeri non cambiano le problematiche da affrontare che restano quelle di sempre. Sapendo che i tempi non saranno brevi, la gente va sistemata nei prefabbricati per avviare poi la fase della ricostruzione. La gestione deve passare attraverso il commissario e i sindaci.

Questo sarà uno dei nodi da sciogliere perché, come suggerisce Zamberletti, «nell’Italia centrale il commissario dovrebbe avere il ruolo che in Friuli aveva la Segreteria generale straordinaria per la ricostruzione diretta dall’ingegner Emanuele Chiavola». Era il tecnico che lavorava al fianco di Zamberletti, dell’allora presidente della Regione, Antonio Comelli, e dei sindaci. Chiavola incontrava ogni giorno i primi cittadini e assieme a loro scriveva le modifiche di legge per risolvere i problemi che inevitabilmente si ponevano.

«La formula Friuli va applicata fino in fondo. Non basta dare la delega ai sindaci, il commissario deve supportarli» ripete l’onorevole e a chi gli chiede se che quel modello necessita di qualche ritocco e se i sindaci hanno bisogno di maggiori garanzie per raggiungere un risultato analogo, Zamberletti fa notare che «chi ha cercato di modificare il modello Friuli non ha ottenuto i risultati che credeva di ottenere.

Dopo il terremoto dell’Aquila - aggiunge - il modello Friuli non venne preso in considerazione, mentre ora tutti lo invocano». Allo stesso modo ribadisce che in Friuli i sindaci non furono mai lasciati soli. Potevano contare sulla Segreteria generale straordinaria composta anche dai vari assessore alla Ricostruzione, ruolo ricoperto pure da Ivano Benvenuti, dopo aver concluso l’esperienza di sindaco di Gemona.

Facendo il confronto tra ieri e oggi, Zamberletti è convinto che il modello Friuli, nella gestione degli appalti, non teme neppure la burocrazia. «Molto dipende dai poteri e dall’uso dei poteri eccezionali che vengono esercitati soprattutto nella fase iniziale, la burocrazia ci mette le mani se la situazione non viene organizzata al meglio».

Il Friuli, insomma, continua a fare scuola nella gestione delle emergenze post sisma. «La scelta di un commissario è giusta anche perché - sono sempre le parole di Zamberletti - il terremoto dell’Italia centrale ha coinvolto più regioni che vanno coordinate allo stesso modo». Il padre della ricostruzione del Friuli suggerisce, infatti, di evitare la frammentazione dei modelli: «Serve un commissario che coordini e definisca una linea unitaria».

Anche in questo caso Zamberletti si sofferma sul terremoto dell’Emilia che coinvolse anche un pezzo di Lombardia, regione che, all’epoca, andò per conto suo. Detto tutto ciò, Zamberletti promuove il modello Friuli, la scelta del commissario straordinario unico per le tre regioni e ribadisce la validità della «struttura unitaria con regole uguali per tutti».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto