Vittima del Covid a 66 anni: aveva perso la madre nella prima ondata

ARTA TERME. Due vittime di Covid in sette mesi nella stessa famiglia: Maurizio Cozzi aveva 66 anni e da poco era in pensione.
Aveva lavorato alla Gortani Inox di Amaro come operaio. Si è spento in Terapia Intensiva Covid a Udine. In primavera, a causa del virus aveva perso la madre, Anna Maria Granzotti, 90enne ospite alla casa di riposo di Paluzza. Maurizio viveva con la moglie Ivana ad Avosacco.
Oltre a lei Maurizio lascia la nipote Giada, il fratello Luigino, le nipoti Letizia, Fides e Luisa. Cordiale, sempre pronto a scambiare due chiacchiere, si teneva in forma, amava camminare nei boschi, tra la natura, raccogliere funghi. Era cacciatore e amava il tennis.
«Era molto benvoluto. Quello che è successo a Maurizio – dice il sindaco, Luigi Gonano – fa male a tutti, è stato così veloce e inaspettato che lascia sgomenti e ci fa capire cosa sia questo virus. Se è successo a lui, può accadere a tutti. Con dolore immenso ci stringiamo alla famiglia, nel tentativo di azzerare le distanze imposte dal momento, perché nelle nostre comunità momenti come questi sono vissuti in modo corale e sono ancora più difficili».
La nipote Giada non sa darsi pace al pensiero di non aver potuto rimanere accanto all’adorato nonno per dargli un ultimo abbraccio. Fino a pochi mesi fa lei, che ha 23 anni, aveva vissuto con i nonni, che in pratica l’avevano cresciuta.
Ha un moto di rabbia quando le girano il video di una giornalista de il Giornale dentro i reparti Covid dell’ospedale: «Come hanno trovato il tempo di far entrare lei – dice – dovevano trovarlo per farmi vedere per l’ultima volta mio nonno, quando sapevano che mancavano poche ore alla sua morte. Lui e mia nonna sono la mia unica famiglia».
Giada ripercorre l’addio freddo e surreale alla bisnonna Anna, sette mesi fa, perdita durissima, ma a quell’epoca l’esplosione della pandemia aveva stordito tutti, avevano cercato, pur in preda al dolore, di capire.
Il 3 novembre, ricostruisce, nonno Maurizio accusa qualche linea di febbre e in quei giorni il suo medico di base prescrive classici farmaci per quel disturbo.
I sintomi Covid non solo non calano, ma aumentano. Nel dubbio la famiglia chiama il Pronto soccorso, invano. I giorni scorrono. La nonna si sente male e viene ricoverata all’ospedale di Tolmezzo per motivi extra Covid, ma è lì che al tampone i due risultano positivi.
Da quel momento Giada segue impotente e con aggiornamenti che non esita a descrivere frammentari e spesso tardivi la letalità del virus sul suo amato nonno. Giada ricorda le giornate in attesa di notizie e sconsolata piange la mancanza di un ultimo abbraccio a quell’uomo solare e scherzoso che l’aveva sempre trattata come il suo tesoro più prezioso.
«Mi ha sempre detto –ricorda –che il giorno del mio matrimoni, sarebbe stato l’unico in cui avrebbe indossato la cravatta, che lui odiava, ma per me l’avrebbe fatto». —
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