Vidali: aiutiamo a sviluppare i migliori progetti di cinema

Il direttore del Fondo per l’Audiovisivo Fvg fa il punto dopo 5 anni di attività in regione: 108 operazioni finanziate «Siamo una realtà invidiata, anche grazie a una fortissima Film Commission»

Il concetto di “migrazione del cineasta tipo friulgiuliano” trasloca dalla casella alfabetica “e”, ovvero esigenza, a quella contrassegnata dalla “s” di scelta. Chi desidera il metaforico volo in parapendio su Roma leghi pure lo spago attorno alla valigia, padronissimo di espatriare.

La Hollywood sul Tevere (una volta si usava definirla così, adesso, mah) sarà ben lieta di accogliere nuovi amici che ragionano in sequenze, primi piani, campo lungo, inquadratura fissa. L’abbacchio è più indigesto del frico? Non fatevene un cruccio; l’artista di belle speranze - volendo - può restare. C’è trippa pure qui; anzi, forse più che altrove. Se gira il vento anche la barca all’apparenza sfavorita ha uno scatto d’orgoglio.

Ebbene, da regione sfigata, diciamolo senza paura, compressa quassù in un’Italia cinematograficamente laziocentrica, il Friuli Venezia Giulia in un decennio e spiccioli si è ritrovato a condividere il primato con ben poche altre consorelle di tendenza filmica, produttiva e d’accoglienza. Il San Tommaso sfogli il corposo depliant-libro del Fondo per l’Audiovisivo Fvg - 256 pagine - e vi scoverà in bell’ordine i progetti realizzati in un quinquiennio. «108 finanziamenti per lo sviluppo» - precisa il direttore Paolo Vidali.

Ecco, da tenere a mente il concetto. Anche alla fase progettuale serve il sostegno e non sempre trovi chi t’aiuta. Il Fondo va ben oltre: «Una mano tesa arriva pure per l’eventuale formazione con borse di studio e contatti utili a trasformare un pezzo di carta in celluloide».

Vidali nasce a Torviscosa; ventenne nei Settanta e con una gran voglia di cinema addosso, prende e parte. Allora non potevi fare altrimenti. Gran passione e doti lo accompagnano a Cinecittà. Lo sceneggiatore e aiuto regista fa quadrato attorno al sistema di cassetta con i vari Renzo Montagnani, Nadia Cassini, persino Ursula Andress, Duilio Del Prete, Luciana Paruzzi. «L’infermiera, che incassò tantissimo, fu prodotta da Carlo Ponti, pensi lei. Questo per dire quanto allora il genere fosse nelle mire dei grandi manovratori del cinema».

Il direttore di doppiaggio precede la sua terza metamorfosi artistica, il “gestore” del Fondo. «Proprio quella lunga esperienza romana mi fece comprendere la necessità urgente di una struttura in grado di sostenere un’idea. Pensai subito al Friuli. Primo, è la terra mia; secondo, mi ha confortato la presenza di una forte Film Commission. La proposta giunse nel momento preciso per favorire la messa in opera del Fondo, grazie a quella commissione cultura presieduta da Piero Colussi, che stanziò una somma proprio a favore di chi nel cinema ci credeva davvero. Fui interpellato come consulente e non passò troppo tempo tra il dire e il fare».

Il connubio Fondo-Film Commission, pur contemplando aspetti ben diversi, è riuscito in un decennio, (nonostante i due non siano coetanei) a dare una spinta decisiva a una terra senza chance.

Improvvisamente si è accesa la spia, registi di griffe si sono arrampicati sullo Stivale per girare qui, mentre giovani film-maker senza speranze hanno acceso le loro fantasticherie: insomma, sinergie utili a stimolare, superandola, la concorrenza italiana. Di fatto, oltre al perimetro capitolino, che risente del flusso benefico della capitale, le sole Puglia e Piemonte possono vantare eccellenze, il resto è di poca rilevanza. Documentari, corti e lungometraggi assemblati in zona ce ne sono davvero tanti, dal 2007 a tutt’oggi; ne ricordiamo alcuni, a cominciare da L’estate di Giacomo di Alessandro Comodin, che nel 2011 vinse il Pardo d’Oro a Locarno. Zoran di Matteo Oleotto, con Giuseppe Battiston, è atteso il 3 settembre al festival di Venezia e Vinodentro di Vicentini Orgnani sarà stappato nel 2014.

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