Viaggio tra i rifugiati a Udine: quando il profugo diventa vicino di casa

UDINE. Sono partiti dall’Afghanistan e dal Pakistan per fuggire dalla guerra e dai talebani, hanno percorso l’Europa a piedi seguendo la rotta balcanica e sono arrivati a Udine come centinaia di loro connazionali. Dopo aver dormito per più giorni all’aperto, anche al parco Moretti, ed essere stati accolti nell’ex caserma Cavarzerani ora abitano in appartamento.
Seguiti dagli operatori dell’associazione “Nuovi cittadini” che gestisce diverse case in città, 68 richiedenti asilo politico si sono integrati negli alloggi di via Sabbadini, vicino al palazzo della Regione, e di via San Sebastiano nel quartiere di San Paolo e Sant’Osvaldo. È un esempio, uno dei tanti in Friuli, di accoglienza che funziona.
Il nostro viaggio inizia nella sede di “Nuovi cittadini”, in via Micesio, dove la presidente Rosanna Marini e Francesca e Silvia De Lotto gestiscono i progetti Aura (Accoglienza Udine richiedenti asilo) e Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), ovvero il primo sistema di accoglienza diffuso promosso dall’Anci. Sono loro, assieme all’assessore all’Inclusione sociale, Antonella Nonino, ad accompagnarci nelle case dei profughi.
In via San Sebastiano arriviamo poco prima di mezzogiorno, suoniamo il campanello e ci aprono tre pakistani. Hanno preso possesso della casa da pochi giorni, prima dormivano nella tendopoli allestita nell’ex caserma Cavarzerani e prima ancora al parco Moretti.
Nell’appartamento è tutto al suo posto, uno dei tre richiedenti asilo lava i piatti, gli altri due sistemano le loro stanze. Dagli operatori di “Ospiti in arrivo” hanno ricevuto la cosiddetta “cassetta degli attrezzi” e ora la stanno usando. Ci guardiamo in giro e l’occhio cade sulla bandiera italiana, il tricolore che fascia un lampadario nella camera dove si avverte l’odore di incenso.
I tre ragazzi sono appena rientrati dal supermercato con la spesa che hanno pagato con il ticket giornaliero da 5 euro ricevuto dall’associazione per acquistare generi alimentari. Il controllo sugli acquisti è rigoroso, gli operatori voglio evitare che i richiedenti asilo si lascino attirare dai messaggi pubblicitari.
I tre ragazzi assicurano di voler restare in Italia ecco perché si stanno integrando al meglio, basti pensare che, affiancati dagli operatori, hanno partecipato anche all’assemblea di condominio. Vogliono conoscere le regole per rispettarle. Hanno imparato a usare la lavatrice e a fare la raccolta differenziata. In casa si muovono scalzi e gli operatori notano la mancanza dei tappeti.
Stesso copione in via Sabbadini negli alloggi comunali restaurati, in conto affitto, da “Nuovi cittadini”. Anche qui non troviamo vere e proprie famiglie, ma solo ragazzi poco più che ventenni arrivati dal Pakistan e dall’Afghanistan pensando di trovare chissà quale splendida realtà. Le lancette dell’orologio segnano quasi le 13 e uno degli ospiti è ai fornelli, sta cucinando il pranzo. È un pakistano arrivato 10 mesi fa in città, ha dormito un mese al parco Moretti.
Anche qui è tutto in ordine. Sul terrazzo i sacchetti della spazzatura pronti per essere buttati nei cassonetti. Sulla parete, scritte in italiano, in inglese e in arabo, le regole di comportamento per facilitare l’inserimento nel condominio ed evitare problemi con i vicini.
Qualche esempio? «Si prega di pulire la cucina dopo l’uso» con tanto di vignetta raffigurante un maschio impegnato nelle faccende domestiche. A fianco i numeri utili dei vigili del fuoco, del pronto soccorso, delle forze dell’ordine e della guardia medica.
Abituarsi al nostro modo di vivere non è facile per chi arriva da mondi lontani, i migranti vogliono integrarsi perché il loro obiettivo è ottenere il permesso di soggiorno e iniziare qui una nuova vita. L’accoglienza negli appartamenti, infatti, viene garantita a chi sceglie di restare in Friuli e di seguire corsi di formazione per imparare un mestiere. Alcuni lo stanno facendo nel forno di un panettiere e nell’officina di un gommista.
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