Uno è biochimico, l'altro infettivologo: ecco i gemelli friulani che combattono il Covid

MOGGIO UDINESE. Boris e Omar Simonetti. Fratelli. Di più, gemelli classe 1989 di Moggio Udinese.

Due giovani friulani, già professionisti della sanità, diventati qualificati nemici giurati del flagello mondiale chiamato Covid-19. Due “divise” diverse – i camici del biologo e del medico – per un unico obiettivo: vincere.



Identificare il Covid-19 per combatterlo è un po’ come è stato decriptare il codice Enigma ai tempi della guerra. Il servizio di intelligence svolto da Boris, biochimico, per orientare chi è in prima linea come Omar, infettivologo.

Boris Simonetti, laureato in scienze biologiche all’università di Trieste, ha proseguito gli studi all’università di Parigi Diderot. Tra i laboratori dell’Istituto Jacques Monod e dell’Istituto Pasteur, è rimasto affascinato dalla biologia cellulare.



Entrato nel programma di dottorato all’università inglese di Bristol, finanziato dal prestigioso ente Wellcome Trust, nel 2017 è diventato biochimico.

Boris vive a Bristol, dove lavora come ricercatore alla facoltà di biochimica nel team del professor Peter Cullen.

I suoi lavori scientifici esplorano i meccanismi che le cellule utilizzano per trasportare vari recettori sulla loro superficie o in altri compartimenti cellulari.



Durante l’emergenza Covid-19 si è interessato al modo in cui il virus sfrutta i recettori presenti sulla superficie delle cellule per infettarle.

Da qui la scoperta chiave – pubblicata su Science e altre riviste specializzate di tutto il mondo –, che rivela come una proteina – la Neuropilina-1 – promuova l’infettività del virus, una rivelazione che apre la strada per un potenziale trattamento antivirale che colpisce un meccanismo di entrata dell’agente patogeno nelle cellule.

Boris Simonetti ha avuto un ruolo di primo piano nella scoperta effettuata dai gruppi di ricerca del Dipartimento di scienze della vita di Bristol, guidati dal professor Cullen e da Yohei Yamauchi, docente associato e virologo alla facoltà di medicina molecolare e cellulare, tanto che assieme a loro ha parlato della grande emozione provata quando «utilizzando un’ampia gamma di approcci biochimici e strutturali siamo riusciti a determinare che la proteina Spike del Sars-Cov-2, che è l’agente che causa il Covid-19, si lega effettivamente alla Neuropilina-1».

Utilizzando anticorpi monoclonali, proteine generate in laboratorio, e una specifica molecola che blocca l’interazione «siamo stati in grado di ridurre la capacità di Sars-Cov-2 di infettare le cellule umane in coltura in laboratorio. Questi risultati evidenziano l’importanza che la scoperta potrebbe avere per lo sviluppo di nuove terapie per la lotta contro il Covid-19».

E Omar, l’infettivologo in prima linea? L’altro gemello anti-coronavirus vive e lavora a Trieste, dove è appena rientrato da Bologna. «Sono davvero orgoglioso dell’importantissima scoperta di Boris – dichiara con entusiamo –, spero rappresenti una svolta per noi medici, per i pazienti, per tutti». Benedetta l’attività di intelligence, dunque.

Omar Simonetti, laureatosi in medicina e chirurgia all’università di Trieste, si è recentemente specializzato in malattie infettive e tropicali all’ateneo di Bologna, formandosi per anni all’azienda ospedaliero-universitaria di Parma.

Tra il trasloco da ultimare e «turni al limite» all’ospedale Maggiore, sta facendo la sua parte contro il nemico comune.

La rimpatriata “in presenza” tra Boris e Omar? Forse a Natale, in famiglia, in mezzo a quella natura e a quel paesaggio che rendono magica l’atmosfera del loro paese, Moggio Udinese. —


 

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