Un voto per l'Europa con la testa rivolta all'Italia

Dai tempi lontani della migliore Dc non si vedevano percentuali così alte per un singolo partito. Si tratta indubbiamente della legittimazione popolare del governo in carica, nato da situazioni tormentate di emergenza
Combo del premier Matteo Renzi e il leader M5S Beppe Grillo ANSA
Combo del premier Matteo Renzi e il leader M5S Beppe Grillo ANSA

UDINE. La vittoria di Matteo Renzi è nitida. Il 40,8 per cento ottenuto dal Pd era fuori da ogni pronostico. Dai tempi lontani della migliore Dc non si vedevano percentuali così alte per un singolo partito. Si tratta indubbiamente della legittimazione popolare del governo in carica, nato da situazioni tormentate di emergenza.

Per il premier era la prima verifica. E l'ha passata con il massimo dei voti. La chiave di lettura dell'esito elettorale è essenzialmente nazionale, perché si è votato per l'Europa con la testa rivolta all'Italia, dov'era in atto una sfida “personale” tra Renzi e Grillo, tra un'espressione di riformismo e un'alternativa sovraccarica di effetti distruttivi. Ha prevalso un'idea di costruzione contro un disegno apocalittico da “fine del mondo”, che non lasciava intravedere il “dopo”.

Così, i due poli contrastanti hanno attratto gran parte delle energie, cannibalizzando i consensi, potendo sfruttare il crollo della diga berlusconiana. Il Pd ha doppiato gli avversari pentastellati. Per il resto, il quadro politico è ripartito tra conferme e novità: il declino irreversibile dell'ex Cavaliere, che fa del centrodestra un cantiere aperto, perché il Ncd (fragile creatura di Alfano) non fa breccia nell'elettorato; l'azzeramento impietoso dell'esperienza di Monti; la resistenza della Lega, più forte quando non è ingabbiata in una coalizione; l'abbozzo di una traccia di Sinistra, per il momento legata al volto presentabile del leader greco Tsipras.
 

Nel nome di Serracchiani

Il voto nel Friuli Venezia Giulia non si discosta da quello nazionale. Il Pd ha migliorato di un punto e mezzo (42,2%) i dati nazionali. Il risultato di prestigio ha permesso l'elezione di un rappresentante nell'Europarlamento. Si tratta di Isabella De Monte, già sindaco di Pontebba e senatrice in carica da appena un anno. Catapultata nella nuova competizione, ha potuto sfruttare la scia tracciata da Debora Serracchiani: quasi 74 mila preferenze costituiscono un patrimonio di tutto rispetto per una piccola regione come la nostra, almeno al cospetto di Emilia Romagna e Veneto.

Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani (d) con il resto del gruppo dirigente del PD nella sede del Partito Democratico, Roma, 26 Maggio 2014. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani (d) con il resto del gruppo dirigente del PD nella sede del Partito Democratico, Roma, 26 Maggio 2014. ANSA/GIUSEPPE LAMI

Con tutte le precauzioni del caso, il voto europeo ha costituito una verifica anche per la nostra governatrice, ascesa alla corte ristretta di Renzi come vice-segretaria nazionale. Era alla ricerca di conferme. Infatti, partiva dalla vittoria al fotofinish, di un anno fa, su Renzo Tondo, agguantata con poco più di duemila voti di scarto, comunque un successo personale, nonostante lo spettacolo indecoroso messo in scena dal suo partito a Roma. Erano i giorni dell'autodistruzione di una classe dirigente, attraverso liti e imboscate. Ora il Pd ha ottenuto 30 mila voti in più di quelli dell'intera coalizione di centrosinistra dell'aprile 2013, tra l'altro in uno dei momenti più difficili della crisi economica. La squadra messa in campo da Serracchiani ha sbaragliato gli avversari grillini, che potevano contare su ogni tipo di protesta: dalla rabbia contro la casta italiana alla delusione verso l'Europa dei “poteri forti”. Il Movimento 5 Stelle si è fermato invece al 18,7 per cento, incassando poche migliaia di voti in più rispetto alle Regionali (ma 90 mila in meno delle Politiche). Non solo. La nostra governatrice ha allargato il consenso in tutto il Friuli Venezia Giulia.

E' giusto ricordare che, un anno fa, per la sua elezione fu decisiva la vittoria a Trieste, dove superò Tondo con 10 mila voti di scarto. Proprio lì, l'avversario pagò cara la rottura con Bandelli, fondatore di Un'Altra Regione. Scontata la vittoria nell'Isontino, Serracchiani perse in tutto il Friuli, dai monti al mare, da Udine a Pordenone. Ora ha colmato un vuoto territoriale, che di fatto dimezzava la sua vittoria. In questa occasione, il risultato del Pd, sia in provincia di Udine (42,7%) sia in provincia di Pordenone (41,1%), è superiore anche in termini numerici a quello messo insieme dall'intero centrodestra.


Non si vive di sola protesta

Il movimento di Grillo ha migliorato qualcosina rispetto al dato delle Regionali 2013, ma è rimasto sensibilmente al di sotto dei voti delle Politiche. Le percentuali di domenica scorsa, in Friuli Venezia Giulia, sono di gran lunga inferiori a quelle nazionali (18,9% contro il 21,2%), con picchi negativi a Udine e a Pordenone dove, guarda caso, la Lega Nord ha conseguito numeri a doppia cifra (rispettivamente 10,6% e 11,2%). E' il segno evidente che, quando la battaglia si fa cruenta, il Carroccio sa rispondere. Senza rimpiangere il passato, ha dimostrato di resistere al fascino mediatico del duo Grillo&Casaleggio, potendo contare su pochi slogan semplici ed efficaci, perché incidono direttamente sulle paure della gente: “No euro” e “No clandestini”. Queste parole d'ordine hanno sostituito quelle più eleganti del federalismo e delle macro-regioni, per altro fallimentari.

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Nel terreno della protesta e del rancore, la Lega ha dimostrato ai pentastellati la capacità di saper vendere cara la pelle, soprattutto nei vecchi feudi del Medio Friuli e della Bassa Pordenonese. Ma la condizione è chiara: resiste se si mantiene fuori dalle gabbie di coalizioni (soprattutto di governo). Resta il fatto, però, che il malessere, sempre più diffuso a causa della crisi, alimenta il grande bacino dell'astensionismo, il quale con il 43 per cento è il “primo partito” anche in Friuli Venezia Giulia. Né Lega né Movimento 5 Stelle riescono ad assorbire gran parte della rabbia e della delusione verso la politica.

Centrodestra in decomposizione

La bastonata era nell'aria, dopo la fine dell'esperienza del Pdl. In regione è tornata in gioco la leadership dello schieramento. Le Europee hanno rappresentato soltanto il primo assaggio di una contesa senza esclusione di colpi. In attesa dei segnali romani, alfaniani e berlusconiani hanno cercato di sbrigare la faccenda da soli. Il Ncd ha presentato la candidatura di Roberto Dipiazza, ex sindaco di Trieste, oggi influente consigliere regionale. La sua scelta di campo ha sfaldato definitivamente Autonomia Responsabile, la lista civica (né carne né pesce) messa in piedi l'anno scorso per sostenere Tondo.

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Tra l'altro, nell'operazione è stato imbarcato quanto restava dell'Udc di “casiniana” memoria. Evidentemente ben poco. E a Trieste è stata ricucita la frattura con la lista di Bandelli, che causò la cocente sconfitta patita alle Regionali. Tanto movimentismo per nulla. Il risultato è stato largamente sotto le attese, in linea con quello nazionale (poco più del 4%). Per la verità, anche sul fronte berlusconiano ci si lecca le ferite: Forza Italia ha superato di poco il 14 per cento, restando sotto la media generale. In fin dei conti, l'obiettivo era quello delle preferenze: chi tra Dipiazza e l'onorevole Sandra Savino (bandiera di Fi) avrebbe messo la testa avanti nella classifica dei più votati. Una sfida effimera. Entrambi sono rimasti a casa, anche se Savino (con oltre 18 mila preferenze) ha superato Dipiazza (poco più di 12 mila). Va però tenuto in considerazione che quest'ultimo rappresentava un partito largamente sottodimensionato rispetto a quello dell'avversaria. Il detto è che tra i due litiganti il terzo gode.

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Anteprima Archivio. Riccardo Riccardi Assessore Viabilita' Giunta Tondo 2008. Telefoto Copyright /Foto Agency Anteprima Udine.

Così, la vera sorpresa è stata quella della lista Fratelli d'Italia, che in regione ha addirittura superato di un migliaio di voti proprio il Ncd, con punte elevate nell'area pordenonese (7,2%), grazie alla candidatura territorialmente forte di Alessandro Ciriani, orfano della presidenza della Provincia. Le oltre 8 mila preferenze personali peseranno come un macigno sul piatto della bilancia. Intanto, il terzo incomodo ha già fatto sapere che il suo nome tornerà prepotentemente nella mischia per la poltrona di sindaco di Pordenone, in programma tra un paio d'anni, nonostante le forti resistenze anticipate da Fi e Ncd. Intanto, un segnale preciso è arrivato da Pasiano, municipio conquistato da Edi Piccinin, appoggiato proprio da un'alleanza ispirata da Fratelli d'Italia, contro il cartello Fi-Lega. E' evidente che il centrodestra è un “cantiere aperto”, i cui lavori attireranno l'attenzione per un lungo periodo di tempo. Ovviamente, molto dipenderà dall'impegno dello storico leader Silvio Berlusconi, oggi diviso tra la politica e i servizi sociali a cui è stato affidato dopo la condanna. Che ne sarà di lui? Chi gestirà il delicato rilancio del centro-destra?

I ribaltoni nei municipi

Il vento di centrosinistra, forte in tutta la regione, ha premiato numerosi candidati sindaco, portandoli a dei successi clamorosi. Sono crollate alcune roccaforti storiche del centrodestra. A Manzano, le lacerazioni hanno fatto saltare gli assetti istituzionali. Lo sfaldamento del Pdl ha provocato il ricorso anticipato alle urne. I cittadini, allarmati dall'eccessiva conflittualità tra gli amministratori di maggioranza, hanno premiato gli avversari “di una vita”. Così, la fascia tricolore è passata a Mauro Iacumin. Il centrosinistra ha vinto anche a Tolmezzo, in casa dell'ex governatore forzista Renzo Tondo. Il nuovo sindaco, Francesco Brollo, ha preparato pazientemente la vittoria partendo dalle primarie (uno dei pochissimi casi in regione).

Anche i due più importanti Comuni a ridosso di Udine, precisamente Tavagnacco e Campoformido, si sono garantiti il lasciapassare per una maggioranza di centrosinistra. In controtendenza il caso di Gemona, dove è stato confermato sindaco Paolo Urbani (con tessera dell'Udc in tasca), d'altra parte il prestigio personale paga sempre. Lo sfaldamento del Pdl ha favorito gli avversari anche nella Destra Tagliamento nei Comuni più significativi: Fontanafredda (Claudio Peruch), Roveredo (Mara Giacomini ha battuto l'uscente Sergio Bergnach), Sesto al Reghena (dove Marcello Del Zotto ha sconfitto una vecchia conoscenza della politica, Beppino Zoppolato ex consigliere regionale leghista).

Solo in pochi casi sono state incerottate alla meno peggio le vecchie alleanze. Il cartello elettorale di centrodestra ha tenuto a Sacile, dove Roberto Ceraolo ha centrato il bis, senza dover passare per il ballottaggio. Il centrosinistra non ha saputo sfruttare il momento buono del Pd. Troppo debole la candidatura di Franco Basso, uscita dal cappello dei prestigiatori dopo nottate trascorse a strappare compulsivamente petali su petali. I democratici hanno strappato invece il biglietto per il ballottaggio a Porcia, Comune da anni amministrato dalla Lega. Giuseppe Gaiarin (36,3%) dovrà vedersela contro Marco Sartini (22,3%), il quale però potrebbe sfruttare l'apparentamento con Marco Giacomini, accreditato di un significativo 20 per cento. E' rimasta a secco (con un misero 2,2%) la candidata di Sel, Barbara Ababio, di origini ghanesi, che guidava una lista multietnica. Vista l'eccessiva frantumazione del quadro politico, è proprio il caso di sottolineare che la legge elettorale dei sindaci ha garantito ovunque la governabilità. Almeno i municipi non rischieranno il caos.

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