Udine, sacchetti aperti in piazza: il 70% dei rifiuti è gettato nel contenitore sbagliato

La dimostrazione organizzata in piazza a Cussignacco: «Altro che differenziata». «Mediamente in un contenitore di secco quasi la metà degli scarti è umido»

UDINE. A un paio di settimane dalla partenza del “Casa per casa” a Udine Sud (inizierà il primo febbraio a Cussignacco, Paparotti, Sant’Osvaldo e Baldasseria) un’alta percentuale di cittdini (il 70%) sbaglia a fare la raccolta differenziata.

A dimostrarlo è stato l’incontro informativo dedicato alla cittadinanza “Rifiuti in piazza”, organizzato da Arpa Fvg con il supporto di Regione, Net e Comune ieri mattina in piazza Papa Giovanni XXIII, a Cussignacco. Obiettivo dell’iniziativa: scoprire cosa c’è realmente in un sacco del rifiuto “indifferenziato-secco residuo”. La risposta, purtroppo, come dimostrato, è che c’è dentro di tutto.

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L’8,53% andava nella plastica, il 14,16% nella carta, il 4,97% nel vetro-lattine e il 41,96% nell’organico. Soltanto il 30,38% è stato conferito correttamente nel secco residuo.

Già nel novembre 2018, con il primo appuntamento di “Rifiuti in piazza” a Udine (in piazza Libertà), Arpa aveva certificato che circa il 70% del materiale trovato nei sacchi del secco residuo poteva essere differenziato a monte dai cittadini. Nel novembre 2019, nell’ex 2° circoscrizione in piazza Rizzi, un secondo appuntamento con le analisi merceologiche contenute nelle immondizie aveva stabilito che l’80% del materiale conferito poteva essere correttamente diviso nei contenitori per la differenziata.

Al terzo appuntamento, a Cussignacco, Arpa ha misurato il 70% di erroneo conferimento, confermando quindi il trend negativo. Recuperati nelle vie delle ex circoscrizioni 4, 5 e 6 una serie di sacchi dai cassonetti della raccolta del secco indifferenziato che sono stati aperti di fronte agli occhi, non troppo increduli, dei cittadini.

All’interno scatole di merendine e medicinali scaduti, cartoni per la pizza, sacchetti di plastica e carta per alimenti, rifiuti tessili (stracci, vestiti, portafogli, borsette e pantofole), vasetti e bottigliette in vetro per omogeneizzati, succhi e bibite; tetrapak, salviette e scottex, vaschette in polistirolo, barattoli di alluminio, sacchetti di patatine, giornali, giocattoli, telefonini e soprattutto ogni genere di residuo alimentare: pane, pasta, biscotti, caffè, verdura, frutta, carne e ossa.

Correttamente conferiti, invece deiezioni animali, cialde di caffè non compostabili, mozziconi di sigaretta, rifiuti sanitari, pannolini e assorbenti, cocci in ceramica, mitili (molluschi dalla scorza dura), carta forno, tappi in sughero, braccialetti e orecchini, penne, accendini e rasoi.

«Risolvendo il problema del conferimento dell’umido si risolverebbe almeno metà delle criticità – afferma Cristina Sgubin, dell’osservatorio regionale dei rifiuti, dei sottoprodotti e dei flussi di materiali per Arpa –. L’organico deve essere messo altrove per farne materiale compostabile. Bisogna fare attenzione anche ai sacchetti utilizzati: biodegradabili non sono compostabili, cioè non si trasformano in compost e, quindi, non diventano concime naturale. Le buste biodegradabili vanno buttate nella plastica oppure riutilizzate per la raccolta del secco indifferenziato».

Si comprende, anche da questi particolari, perchè l’amministrazione ha voluto accelerare sulla differenziata, sensibilizzando i cittadini sull’importanza di una corretta separazione dei materiali e promuovere comportamenti adeguati per la riduzione della produzione di rifiuti.

Durante la manifestazione Simone Birtig, del Servizio disciplina gestione rifiuti della Regione, ha illustrato qualche azione concreta, partendo da alcune scelte di acquisto che si possono fare già al supermercato: preferire i prodotti freschi con poco imballaggio o sfusi, recuperare imballaggi e flaconi per riutilizzarli come per esempio succede per i detersivi o le bottiglie per l’acqua (alla spina o dalla rete idrica, entrambe hanno controlli stringenti e sono valide alternative all’acquisto di quelle confezionate) così da ridurre lo smaltimento della plastica.

«Ci sono molte cose da fare a livello domestico per ridurre le quantità generate da ogni famiglia e diminuire l’impatto economico che paghiamo per lo smaltimento – afferma Birtig –. Lo spreco più grande è quello alimentare. Invitiamo le persone a riflettere, a farle la spesa in modo oculato e a comprare solo il necessario. Gestire la divisione del materiale organico, che comprende residui ma anche discrete quantità di cibo ancora commestibile, è quello che ha i costo più elevat».

«Quanto costa energeticamente separare i materiali? Mille volte l’energia che serve per produrli. Il problema non è creare rifiuti ma crearne il meno possibile. Il pianeta ha energia e risorse limitate, dobbiamo sprecarne il meno possibile» conclude Gianni Brianese, tecnico della prevenzione Arpa.



 

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