Udine, ispettori dell'Ersa condannati per l’“aiutino” a Bastianich

UDINE. Chiusero un occhio sugli esiti dell’attività ispettiva svolta alla società agricola “Bastianich” srl di Cividale, per consentire all’“Orsone” di passare per un agriturismo, pur operando a tutti gli effetti alla stregua di un’attività commerciale. Ossia, di un ristorante tra i più blasonati nelle guide di settore italiane.
La condotta omissiva contestata a due funzionari dell’Ersa, insomma, finì per coprire violazioni tributarie per le quali Joe Bastianich, l’imprenditore italo-americano diventato una star dopo la partecipazione come giudice a Masterchef, dovrà comunque rispondere nel contenzioso tutt’ora in corso in sede fiscale.
Formulata dalla Procura di Udine all’esito delle indagini condotte nel 2016 dalla Guardia di finanza di Cividale, l’accusa di concorso in rifiuto o omissione d’atti d’ufficio ha trovato conferma nella sentenza di condanna con cui il gup del tribunale di Udine, Mariarosa Persico, ha inflitto 8 mesi di reclusione (sospesi con la condizionale) a Mauro Compassi, 60 anni, di Medea, e Marina Boscaro, 58, di Cormons, entrambi dipendenti dell’Agenzia regionale per lo sviluppo, con funzione di addetti alla vigilanza e, quindi, di pubblici ufficiali. Il pm Claudia Danelon, titolare del fascicolo, aveva proposto un anno di pena, mentre il difensore, avvocato Stefano Buonocore, che ha chiesto che il processo fosse celebrato con rito abbreviato, aveva insistito per la loro assoluzione con formula piena.
Due gli episodi accertati dagli investigatori. Il primo controllo risale al 21 novembre 2013 e si concluse con la stesura di un verbale che, a chiusura del primo anno di attività - il locale era stato inaugurato il 6 agosto -, annotava l’assenza di rilievi.
Peccato che del relativo processo verbale di accertamento non vi sia poi stata traccia: sentito dalle Fiamme gialle in occasione delle perquisizioni, il direttore generale cadde dalle nuvole.
I funzionari non lo trasmisero nè al proprio superiore, nè agli altri organi preposti, dal Comune agli stessi finanzieri.
E altrettanto fecero la volta successiva, in occasione dell’accesso del 2 dicembre 2014, quando «di fatto – aveva contestato il pm – non svolsero alcun accertamento», limitandosi a verbalizzare che per l’Orsone era «prossimo il passaggio a ristorazione commerciale». La scheda, tuttavia, rimase nuovamente chiusa in un cassetto.
E visto che il prosieguo delle indagini ha dimostrato ciò che una semplice visita all’azienda avrebbe lasciato intendere a chiunque, ossia «il mancato rispetto delle percentuali previste in materia di agriturismo» - la normativa regionale prevede che l’attività di agriturismo sia «complementare» a quella principale dell’imprenditore agricolo, funzioni per un numero limitato di giorni a settimana e usi prodotti per il 60 per cento di produzione propria -, la Procura li ha ritenuti responsabili di avere interrotto un iter che avrebbe portato all’erogazione di sanzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica e di igiene e sanità.
Oltre che all’evidenza di benefici fiscali (quelli derivanti dall’iscrizione all’albo degli agriturismi), comunque finiti poi nel mirino dell’Agenzia delle entrate e dell’Ispettorato del lavoro.
Nel respingere in toto l’accusa, la difesa aveva osservato come l’Ersa non abbia competenze in materia di igiene, sanità, ordine e sicurezza pubblici, e come l’ispezione non potesse essere eseguita per motivi tecnici. Circostanza di cui gli ispettori hanno dato atto e spiegazione nella documentazione prodotta. Scontato l’appello.
Nell’inchiesta erano inizialmente rimasti coinvolti anche lo stesso Joe Bastianich e gli amministratori della sua società, per un’ipotesi di falso ideologico in atto pubblico, che era poi caduta in fase d’indagine.
La Procura aveva contestato loro di avere dichiarato il falso alla Camera di commercio e al Comune di Cividale, rispettivamente all’atto della sottoscrizione della domanda d’iscrizione all’elenco degli operatori agrituristici e della presentazione della domanda di autorizzazione all’apertura dell’attività agrituristica. Sempre attestando la sussistenza dei requisiti di legge che in realtà non possedevano.
Ritenendo di accogliere le argomentazioni del difensore, avvocato Maurizio Miculan, che, escludendo una «dolosa preordinazione», aveva osservato come l’attività si fosse poi rivelata più confacente al modello commerciale, il pm aveva infine chiesto e ottenuto l’archiviazione delle loro posizioni.
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