Udine, a processo per le urla alla messa. Ma il sito della parrocchia lo scagiona

UDINE. Era la domenica delle Palme e la chiesa della Beata Vergine del Carmine era gremita di fedeli. Il sacerdote celebrava la messa e loro lo ascoltavano, raccolti in preghiera e attenti alla liturgia dedicata alla Passione del Signore.
Finchè qualcuno, da uno degli ultimi banchi, non ha violato la sacralità del luogo e della cerimonia con il fragore della propria voce: urla, fischi e canti, come un indemoniato, in spregio a tutto e tutti.
Uno spettacolo sconcertante e che la comunità di Borgo Aquileia difficilmente dimenticherà. Esecrabile o no, comunque, quella sua condotta non sarà punita. Non dalla giustizia terrestre, perlomeno.
Denunciato per turbamento di funzioni religiose del culto cattolico e processato per la medesima ipotesi di reato (articolo 405 del codice penale), con rito abbreviato, davanti al tribunale di Udine, l’uomo è uscito l’altro giorno dall’aula con verdetto di assoluzione.
Sentenza probabilmente insperata per lui, che di precedenti giudiziari, chiusi e pendenti, ne ha collezionati già parecchi, ma non per il suo difensore, che, consultato il web e incrociate le informazioni desunte dal sito internet della chiesa con la ricostruzione accusatoria, è riuscito a dimostrare come non vi fosse prova alcuna del disturbo arrecato alla messa. Ritenendo l’imputazione fondata, il pubblico ministero onorario aveva chiesto invece la condanna dell’imputato alla pena di 15 giorni di reclusione.
La vicenda risale alla mattina del 13 aprile 2014. A un certo punto, Alessandro Cainero, 50 anni, di Remanzacco si alza in piedi e si esibisce in una serie di grida e cantilene.
Dall’altare alle navate, l’imbarazzo è generale. Stando alle indagini coordinate dalla Procura, uno dei fedeli avrebbe allora telefonato al Comando provinciale dei carabinieri di Udine per denunciare le molestie in atto e di lì a poco, per l’esattezza alle 10.20, sul posto sarebbe giunta una Gazzella. I militari avrebbero quindi trovato l’uomo ancora impegnato nella sua performance e lo avrebbero portato all’esterno del Carmine per identificarlo.
Ed è proprio nella scansione temporale dei fatti che l’avvocato Carlo Monai ha trovato i punti deboli della tesi accusatoria. È bastato visitare la pagina on-line della parrocchia di via Aquileia per riscontrare come, la domenica, la messa venga celebrata alle 8.30 e alle 10.30, e per giungere alla conclusione che quegli orari fossero «incompatibili con l’intervento dei carabinieri».
L’arrivo delle forze dell’ordine, in altre parole, sarebbe avvenuto in un momento della mattinata in cui non poteva essere in corso alcuna messa. E visto che il presupposto del reato di “turbatio sacrorum” è il disturbo di una funzione religiosa, cioè la celebrazione di un rito da parte di un ministro del culto, a venir meno è la fondatezza stessa dell’accusa. Spiegazione che il giudice monocratico Roberto Pecile ha ritenuto di condividere.
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