Tutto in una notte: così si è perduto il ragazzo-modello

MUZZANA DEL TURGNANO. Così educato da distinguersi tra tutti. Anni fa come adesso. Negli ultimi tempi si erano persi di vista Francesco Mazzega e il sindaco di Muzzana, Cristian Sedran. Ma il ricordo di quel ragazzo così composto e gentile con cui allora condivideva la passione per il pallone ce l’ha bene impresso in mente.
«Ai tempi in cui si giocava a calcio era così educato che si distingueva per questo suo aspetto del carattere rispetto agli altri compagni» dice. Educato. Serio. Riservato. Responsabile. Francesco lo raccontano tutti così. «Non sono parole dette tanto per dire, è sempre stato davvero un bravo ragazzo» dicono. Una persona alla mano, che ama il calcio, che ha giocato a tennis e che sa suonare la chitarra.
Francesco che decide di andare a vivere da solo a Spilimbergo. Che con Nadia vuole costruire il proprio futuro. Sogni da condividere, traguardi da raggiungere assieme. Quattordici anni di differenza fra di loro. Una differenza d’età che un po’ preoccupava mamma Eda, consapevole forse che a 35 e a 21 anni i progetti di vita possono essere diversi, come differenti possono essere le priorità. Eppure vedeva Francesco felice e lo era anche lei, la madre. Lei, insieme al marito, così orgogliosi del loro ragazzo. Un figlio cercato a lungo e finalmente arrivato. Un figlio bravo, serio, maturo, impegnato nel lavoro.
Solo pochi anni fa, racconta chi lo conosce, aveva avuto una delusione d’amore. Una storia importante finita, i sogni di una vita insieme spezzati poco prima di riuscire a raggiungerli. Non era stato facile ricominciare da capo, ricucire i pezzi di un cuore infranto, ma ce l’aveva fatta. E un anno fa aveva cominciato una nuova storia, un nuovo capitolo della sua vita con una giovane ragazza dal dolce sorriso. Bella come il sole. Da poco, come ci raccontano i vicini, erano stati in vacanza in Puglia.
Una famiglia unita, quella di Francesco. Ora distrutta dal dolore. Così grande che le parole fanno fatica a descriverlo. Forse impossibile da immaginare. Proviamo a telefonare a casa. Sono le 21. Cinque-sei squilli. Finché dall’altra parte della telefono risponde il padre, Lorenzo. Due parole per presentarci. Bastano. Chiude subito la telefonata. «Mi dispiace ma non vogliamo parlare, mi scusi, cerchi di capire» dice riagganciando la cornetta.
Ieri sera il sindaco Sedran ha fatto visita ai genitori. E ci ha confermato che non desiderano essere disturbati. «Sono molto provati dal dolore» si limita a dire. Preferiscono vivere il loro dolore con riservatezza. Come è nel loro carattere. Insieme ai loro familiari. Senza condividerlo con il mondo esterno.
Facendosi forza l’uno con l’altra. Scacciando i rimorsi che si affacciano in questi momenti. Quando ci si chiede se forse si poteva intuire qualcosa prima, facendo attenzione a qualche parola detta di sfuggita, se forse si poteva capire se c’erano dei problemi, se c'era qualcosa che non andava e che magari, affrontandolo, si sarebbe riusciti a risolverlo. Impossibile però poter immaginare, poter prevedere. Impossibile pensare che un ragazzo modello potesse perdersi negli abissi di un delitto.
Attorno a loro, alla mamma e al papà, si stringe la comunità di Muzzana. Che continua a descriverla come una famiglia stimata da tutti, attiva nella comunità dove è molto conosciuta. Quasi a volerli proteggere. A difenderli da tutto ciò che c’è all’esterno della loro casa.
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