Tutti le vogliono togliere, nessuno lo fa: dalla crisi di Suez al governo Meloni, la cronistoria delle accise sui carburanti

Hanno resistito a ogni ipotesi di taglio. Nel 1976 il governo Andreotti aumentò l’imposta di 99 lire per la ricostruzione in Friuli dopo il terremoto

Christian Seu
Attualmente il carico fiscale totale (accise più Iva) sulla benzina è di 1,041 euro al litro
Attualmente il carico fiscale totale (accise più Iva) sulla benzina è di 1,041 euro al litro

Tra le misure complementari che accompagneranno i provvedimenti contenuti nella manovra che si appresta a iniziare il proprio percorso parlamentare, dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri, anche novità anche sulle accise per i carburanti.

Non l’auspicata cancellazione – da lustri cavallo di battaglia delle campagne elettorali, specie del centrodestra – ma una rimodulazione che scontenterà chi in garage ha un mezzo diesel.

Come annunciato da diversi esponenti del governo nei giorni scorsi, le accise del gasolio saranno allineate a quelle della benzina a partire dal 2025, in un percorso di durata quinquennale, che seguirà una traiettoria uguale e contraria: un cent in più all’anno di tassazione per il gasolio, un centesimo in meno per la benzina, fino ad arrivare al pareggio.

Attualmente il carico fiscale totale (accise più Iva) sulla benzina è di 1,041 euro al litro (di cui 0,313 di Iva) pari al 60 per cento del prezzo al consumo, mentre sul gasolio di 0,909 euro al litro (di cui 0,292 di Iva) pari al 56 per cento.

Tassa dopo tassa

Dunque le accise non solo non spariranno. Ma, nel caso del diesel, vedranno pure aumentare il loro peso sul prezzo praticato agli impianti di rifornimento. E anche se non è questo il caso, i governi nel corso degli ultimi settant’anni hanno sempre messo mano alle tasse sui carburanti quando c’era bisogno di recuperare gettito sicuro e immediato al bilancio dello Stato.

Così, per decenni abbiamo assistito a una sedimentazione delle accise: in tutto sono diciotto i ritocchi che si sono aggiunti, in un elenco che, tralasciando le misure adottata durante il fascismo per finanziare le velleità coloniali, inizia nel 1956 con il finanziamento per alleviare gli effetti della crisi di Suez (14 lire) e prosegue con il balzello introdotto per reperire parte delle risorse necessarie alla ricostruzione dopo il disastro del Vajont (1963). Nel 1966 il governo Moro ter si ritrova a dover gestire il post-alluvione a Firenze e per questo inserisce una nuova accisa di 10 lire. La stessa soluzione, anche per impatto economico, verrà adottata nel 1968, dopo il terremoto del Belice.

Dal terremoto in Friuli al “fare”

Otto anni dopo l’Orcolat squassa il Friuli: per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto e mettere a bilancio le risorse necessarie a facilitare quella che sarà unanimemente considerata come la ricostruzione più efficace dopo un sisma in Italia. L’esecutivo guidato da Andreotti introdurrà un nuovo aumento di 99 lire, superiore di 24 lire a quello che nel 1980 verrà applicata per aiutare l’Irpinia, a sua volta colpita dal terremoto. Duecentocinque lire sono quelle caricate sulle accise nel 1982 e nel 1983 per finanziare le prime missioni Onu in Libano. È l’ultimo aggravio stratificato, perché dal 1995 l’accisa sul carburante è definita in modo unitario e il gettito che ne deriva non finanzia il bilancio statale in specifiche attività, ma nel suo complesso, almeno nella teoria del Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi.

Ventidue lire per il Libano

Gli aggiustamenti, però non sono mancati neppure da allora, con aumenti finiti sì nel calderone del bilancio dello Stato, ma giustificati con specifiche necessità dai governi all’atto della presentazione della misura, in una sorta di generica indicazione della finalità. Qualche esempio? Nel 1996 il governo Prodi decise di introdurre un aumento di 22 lire per coprire le spese legate alla missione Onu in Bosnia. E poi i ritocchi dei governi targati Berlusconi e centrodestra: nel 2004 2 centesimi di euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri, nel 2005 0,005 euro per l’acquisto di bus ecologici, nel 2009 0,0051 euro per la ricostruzione de L’Aquila dopo il terremoto.

Il governo tecnico

Nel 2011 – anno dello spread, del governo tecnico di Mario Monti e della spending review spinta – furono addirittura quattro le poste con cui si giustificarono gli aumenti: finanziamento alla cultura, contributi per la crisi migratoria libica, sostegno alla ricostruzione post alluvione in Toscana e Liguria e un generico “chip” su ogni litro di carburante destinato a contribuire alle misure del decreto “Salva Italia”.

L’ultimo ritocco nel 2014, per finanziare il decreto Fare del governo delle larghe intese guidato dal dem Enrico Letta.

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