Trote, guerra sulle specie pescasportivi contro l’Etp

San Vito, l’ente tutela vuole eliminare la fario ma undici sodalizi non ci stanno «La marmorata da noi non è mai esistita». Il caso per colpa di semine sbagliate

SAN VITO AL TAGLIAMENTO. Malcontento tra i pescatori del Sanvitese, che temono di non poter più pescare la trota fario, da decenni considerata quella tipica della zona. Rilievi mossi all’Ente tutela pesca (Etp) e appelli alle istituzioni sono sottoscritti dalle società Pescatori San Vito, Roggia dei Molini, Il tridente, Mosca club Fly fishing time, Lo squalo, La roggia, Vat Prodolone, Il cucchiaino, Fontanis e La Rupa.

Pescatori in assemblea. Nel corso della sessantaseiesima assemblea dei soci della Sps San Vito, alla quale ha partecipato il rappresentante di collegio Virginio Battiston, «sono stati posti quesiti cui nessuno è riuscito a dare risposta – sostengono le società – Riguardano la gestione e la salvaguardia dei canali di risorgiva del Sanvitese, bene sociale e ambientale preziosissimo». Le normative, si sottolinea, prevedono il divieto di reintroduzione, introduzione e ripopolamento in natura di specie e popolazioni «non autoctone», mentre la parte scientifica dell’Etp dichiara che l’attuale trota fario del Friuli Venezia Giulia «è un aplotipo atlantico» (aplotipo è una combinazione di varianti nella sequenza genetica su un particolare cromosoma): ciò a causa delle errate semine dello stesso ente in tempi passati. Motivo per il quale l’attuale fario «è da eliminare». Da qui la contestazione: «Loro dov’erano quando ciò avveniva e perché non hanno preso decisioni appropriate per salvare la vecchia fario selvatica?».

Questione di specie. Nei 143 chilometri di canali del Sanvitese neppure la metà è oggi seminata a fario adulta: 68 quintali nei soli canali Lemene, del Molino, Caomaggiore, Brentella, Palù, Taglio, Lin e quello di irrigazione Cellina-Meduna. Nella Rupa, nel tratto tra San Lorenzo e San Martino, da alcuni anni si semina la trota marmorata, «che da noi non è mai esistita a causa della portata delle acque di risorgiva e delle secche invernali ed estive delle stesse, cui la vecchia fario selvatica si era perfettamente adattata» puntualizzano i sodalizi pescasportivi sanvitesi, osservando: «Se per autoctono intendiamo quelle popolazioni stanziate in epoca remota in un territorio, oggi in Italia e in Europa cos’è rimasto di autoctono puro? A quanti anni, secoli, millenni dobbiamo tornare indietro per definire un pesce autoctono o meno?».

Malcontento crescente. Il malcontento dei pescasportivi «è crescente a causa di questa anomala situazione di stallo e incertezza» non creata da loro. «Assessore e consiglieri regionali del mandamento, sindaci e comunità devono prendere atto che le nostre acque sono diventate più povere con la scomparsa della “regina delle risorgive”, che i pescatori sanvitesi diminuiscono e che l'ambiente sarà, quindi, meno vigilato». Si chiede all’Etp di riseminare in deroga la trota o che «la parte scientifica dica chiaramente che le risorgive sono “acque e ambienti per soli ciprinidi”, vale a dire da poco a molto inquinate e comunque alterate, che in ogni caso escludono la presenza della trota». E si conclude: «Nel prossimo futuro potremo ancora pescare la trota nelle risorgive sanvitesi?».

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