Tremila penne nere a Cividale sognando l’adunata di Udine
Ieri il 22º raduno dedicato al disciolto battaglione simbolo della città L’obiettivo del 2021 convince tutti. Migliaia gli spettatori, in parata anche i reduci

Cividale 14 Gennaio 2018. Sfilata Alpini. © Foto Petrussi
CIVIDALE. Nella festa dello spirito di corpo, perché questo è il raduno del disciolto battaglione Cividale, l’orgoglio alpino pervade le vie della città ducale: non è concetto astratto bensì elemento concreto, che si vede e si sente e che – ancora una volta – colpisce. Perché lo scorrere del tempo non intacca minimamente, anzi, il senso d’appartenenza.
Ieri, come 22 anni fa, le penne nere lo hanno ribadito, stringendosi in un ideale abbraccio che guarda anche avanti, al futuro: al 2021, dopo la candidatura di Udine a sede dell’adunata nazionale degli alpini.
La partecipazione al ritrovo 2018 di e del “Cividale”, intanto, ha superato le attese con oltre 3 mila presenze (senza contare il pubblico). Dell’impennata si è avuta percezione netta soprattutto in apertura dell’evento, poiché diversamente dal solito le ali di folla attorno alle penne nere si sono formate già prima dell’alzabandiera in piazza Duomo, non solo a ridosso dell’imponente parata delle compagnie del glorioso corpo militare.
E non poteva esserci gratificazione maggiore per l’associazione Fuarce Cividat (promotrice del ritrovo insieme al Comune e alla locale sezione Ana), di una crescita delle presenze, allineatasi all’afflusso da record registrato sabato a Chiusaforte, ultima sede del battaglione e dunque luogo d’apertura dell’adunata. «Il Cividale è vivo, eccolo davanti a voi. E non chiamiamolo ex, è ancora e sempre sarà il nostro battaglione: un reparto alpino non muore mai», ha gridato enfatico, nella sua appassionata presentazione, lo storico Guido Aviani Fulvio, profondo conoscitore dell’epopea alpina e insostituibile speaker della sfilata.
In prima fila per assistere al corteo, solenne con i suoi 98 anni, impettito come ne avesse cinquanta di meno, il reduce (di Grecia, Albania e Russia) Umberto Cicigoi, classe 1919: non apparteneva al “Cividale”, ma ha voluto venire ad applaudirlo, per onorare la memoria degli innumerevoli caduti. Sfila insieme ai comandanti, invece, in marcia nonostante il peso dei 96 anni, un secondo reduce: Ottavio Pes, che come il “collega” di cui sopra militava in altro battaglione. Assenti, invece, gli unici due alpini del “Cividale” sopravvissuti alla campagna di Russia e ancora in vita: Pietro Trusgnach e Guido Coos.
Nelle parole del presidente della sezione cittadina dell’Ana, Alberto Moretti, la più efficace sintesi sull’essenza della giornata: «Questo raduno, permeato di spirito d’appartenenza, fa da contraltare allo sbandamento sociale che si percepisce, purtroppo, nel Paese. Qui si respira alpinità», ha scandito. Il sindaco Stefano Balloch ha subito ratificato: «La caserma Francescatto è ormai chiusa, ma Cividale è e continuerà a essere città alpina».
Infervorato l’intervento dell’assessore provinciale Marco Quai: «L’esempio della grande famiglia alpina, custode di valori fondamentali quali l’amor di patria, l’amicizia, la solidarietà, il senso del dovere e del sacrificio – ha ricordato – è la migliore risposta alla deriva della società contemporanea. E a chi non gradisce la declamazione della preghiera dell’alpino dico di leggere con attenzione di cosa le penne nere sono armate: di fede e d’amore».
Dall’assessore regionale Shaurli un appello a considerare l’opportunità di lanciare, su scala nazionale, il servizio civile obbligatorio, perché i valori di cui gli alpini sono portatori attecchiscano fra i giovani.
Al generale Gianfranco Beraldo, presidente del sodalizio organizzatore dell’adunata, il compito di chiudere lo spazio delle allocuzioni, facendo risuonare nuovamente in piazza Duomo il motto del battaglione: «Fuarce, Cividat!».
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