Trecento casi di anoressia, ma mancano medici e centri

UDINE. Alcuni di loro arrivano a pesare 30 chili e sono disposti a lasciarsi morire di fame, o a introdurre quantità di cibo smisurate, pur di riempire un vuoto. Sono i ragazzi che combattono contro l’anoressia o la bulimia: 300 i casi affluiti lo scorso anno alla Neuropsichiatria infantile del Gervasutta che accoglie solo i minori.
Per loro in tutta l’Area vasta, spiegano i loro genitori, non c’è una struttura dedicata, non c’è un centro residenziale per i casi più gravi in cui si profila il rischio di morte (24 all’anno) e nemmeno una struttura per il day hospital. Fino a pochi giorni fa i ragazzi potevano contare su una neuropsichiatra, la dottoressa Rachele Ceschia, che lavorava per il Gervasutta con un contratto a tempo determinato.
«Ma quel contratto è scaduto e non è stato rinnovato, così la sua collaborazione è terminata lasciando nella disperazione decine di famiglie che non sanno a chi rivolgersi». A parlare è Ferdi Gerin, presidente della Fenice Fvg, una Onlus per la cura e la riabilitazione dei disturbi alimentari che utilizza i gruppi di auto mutuo aiuto per sostenere le famiglie di persone affette da disturbi alimentari.
«Siamo molto preoccupati per quello che sta succedendo – esordisce Gerin – abbiamo chiesto un incontro con il direttore generale dell’Ass 4 del Medio Friuli e siamo ancora in attesa di rappresentargli la grave situazione in cui ci troviamo, come del resto intendiamo fare con l’assessore alla sanità Maria Sandra Telesca, abbiamo inoltre chiesto un’audizione in III commissione regionale».
Assieme al vicepresidente Ivano Milocco, al segretario Umberto Carraro e alla portavoce Amelia Somma, Gerin rappresenta un’associazione che già ha attivato gruppi di ascolto a San Giorgio di Nogaro e a Monfalcone e intende attivarne a breve uno a Udine, con ogni probabilità la sede sarà la Casa delle donne.
L’associazione è sorta nel 2008 su iniziativa di alcuni genitori di ragazzi che avevano sofferto di questa grave malattia per aiutare le famiglie che si trovavano a dover affrontare lo stesso problema.
«I disturbi del comportamento alimentare – chiarisce Gerin – sono patologie gravi che, stando ai dati nazionali, coinvolgono 2 milioni di giovani con una sempre maggiore precocità d’esordio: l’età in cui i ragazzi, prevalentemente le femmine, sviluppano questi problemi si sta infatti abbassando fino a toccare i 10-12 anni. Stando ai dati diffusi a livello regionale - prosegue Gerin – il 29% dei ragazzi trattati adeguatamente per l’anoressia nervosa guarisce entro 3 anni, il 64% entro 6 anni e il 36% cronicizza, tanto basta per capire che si tratta di una patologia che persiste per diversi anni e che se non viene trattata non si risolve».
«L’offerta dei servizi con terapie efficaci è indispensabile – aggiunge Carraro – servono ambulatori con personale dedicato e preparato, un’équipe che comprenda almeno uno psichiatra, uno psicologo e un dietista».
Eppure, Udine rappresenta un’anomalia rispetto al resto della regione, fa notare il vicepresidente, da un lato c’è la Neuropsichiatria del Gervasutta che segue i minori, ma che si occupa di una vasta sfera di problemi, non solo dei disturbi alimentari, dall’altro c’è l’ambulatorio che fa capo al centro di salute mentale dove il dottor Claudio Bearzi e la dottoressa Erica Zappoli seguono gli adulti.
«Ma c’è un notevole aumento di richieste di cura all’ambulatorio e i medici, per quanto bravi, riescono a malapena a seguire tutti» aggiunge la portavoce.
A completare il quadro, c’è la mancanza in regione di una struttura residenziale, fa notare Milocco tant’è che i nostri ragazzi finiscono a Portogruaro, da dove sempre più spesso, causa i tagli di bilancio imposti alle aziende sanitarie, i nostri ragazzi vengono dimessi precocemente, senza trovare sul territorio una rete di protezione.
«Senza strutture e professionisti di riferimento, senza un lavoro di continuità – sostiene il direttivo dell’associazione – i ragazzi sono abbandonati a loro stessi, così chi può si rivolge agli studi privati, chi invece non può vede la vita dei propri figli a rischio».
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