Traffico illecito per la caccia libera la famiglia friulana

Il gip di Udine ha rigettato la richiesta di misura cautelare del pm di Trento Una coppia di coniugi e il figlio sono accusati del riciclaggio di uccellini dall’estero



Hanno trascorso il Natale a casa, liberi e in compagnia dei propri cari, altri otto dei diciotto indagati arrestati la settimana scorsa nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Trento su un presunto business di uccellini illecitamente catturati all’estero e rivenduti ai cacciatori in Italia. Ritenendo a sua volta assente il requisito dei «gravi indizi di colpevolezza» per il reato presupposto del riciclaggio, martedì anche il gip del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, come già il collega di Brescia qualche giorno prima, ha disposto l’immediata liberazione delle persone per le quali il pm titolare del fascicolo, Maria Colpani, aveva presentato istanza di rinnovazione della misura cautelare, dopo la trasmissione degli atti per competenza territoriale.

Il provvedimento ha riguardato i coniugi friulani Alberto Visintini, 58 anni, e Giuliana Tuttino, 52, residenti a San Lorenzo di Sedegliano e sottoposti a custodia cautelare in carcere, il loro figlio Alessio, 27, ai domiciliari a Sedegliano, Zelina Corbonese, 51, di Conegliano (Treviso) e Paolo Cincinelli, 58, di Gatteo (Forlì-Cesena), entrambi in carcere, Alberto Francesco Reniero, 41, di Brogliano (Vicenza), Ivan Giuseppe Rossato, 40, di Malo (Vicenza) e Michele Tonolini, 36 Botticino (Brescia), tutti ai domiciliari. Gli indagati principali Alessandro Lavina, 50 anni, di Conegliano, e Maurizio Pasini, 61, di Vittorio Veneto, erano stati liberati venerdì. In tempo da record, anche il gip di Udine ha studiato le carte e sciolto le riserve.

A ridimensionare la portata dell’accusa loro contestata è stata dunque l’assenza di una prova certa della provenienza illecita degli uccellini, sequestrati a migliaia dal Corpo forestale della Provincia di Trento. In diversi Paesi, anche tra quelli confinanti con l’Italia, infatti la cattura dei nidiacei è consentita. «Non è possibile escludere che le modalità di apprensione all’estero siano avvenute nel rispetto delle leggi del relativo Stato o comunque da soggetti abilitati alla caccia», scrive nell’ordinanza il gip friulano. E allora, pur se «in un contesto di illecite modalità di importazione e detenzione dei volatili – osserva il giudice –, in assenza delle previste certificazioni e documentazioni», l’ipotesi del riciclaggio su cui era stato costruito l’impianto accusatorio è venuta meno, lasciando spazio al più a una mera qualificazione contravvenzionale che, proceduralmente, non giustifica l’adozione di misure cautelari.

L’operazione “Pullus freedom” è culminata la settimana scorsa con la notifica di 48 avvisi di garanzia, con l’arresto di 18 persone (7 in carcere e 11 ai domiciliari), una cinquantina di perquisizioni e il sequestro di migliaia di uccellini. Gli inquirenti hanno contestato ad Alberto Visintini il concorso nel riciclaggio, per avere messo la propria abitazione a disposizione della detenzione dei nidiacei e ceduto ogni volatile al prezzo di 45 euro, a sua moglie Giuliana per avere accudito circa 3 mila uccellini implumi e averli ceduti «per un prezzo stimato di 100 mila euro», e al figlio Alessio per avere aiutato la madre nell’allevamento e fatto da “palo” in occasione di alcuni scambi di “merce”. Tutte ipotesi respinte dai difensori, gli avvocati Paolo Viezzi e Francesco Scialino, che hanno ricordato come quello gestito da Alberto Visintini fosse «un allevamento di fauna regolarmente autorizzato già nel 1999». —

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