Test Invalsi adeguati agli anglosassoni, ma inadatti in Italia

L’opinione di Aldo Scarpis, pordenonese e per trent’anni insegnante al prestigioso liceo classico Parini di Milano 
PRIMO GIORNO DI SCUOLA MEDIA (SABA ) VIA DEL VOLGA STUDENTI IN CLASSE PROFESSORI CROCEFISSO (Silvano Del Puppo, MILANO - 2002-09-09) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate
PRIMO GIORNO DI SCUOLA MEDIA (SABA ) VIA DEL VOLGA STUDENTI IN CLASSE PROFESSORI CROCEFISSO (Silvano Del Puppo, MILANO - 2002-09-09) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

PORDENONE. Bocciata la scuola superiore? Non è così: se i dati dei test condotti quest’anno tra i ragazzi delle quinte superiori fotografano una percentuale decisamente elevata di diplomati impreparati, è lo stesso Invalsi a precisare che la cosiddetta “dispersione implicita” è un nodo che viene al pettine tardi, ma le cui cause vanno cercate risalendo anche parecchio all’indietro nel tempo.

«Gli elementi che contribuiscono alla dispersione scolastica complessiva – scrive l’Invalsi – cominciano a manifestarsi già nel ciclo primario, anche se sfuggono alle statistiche ufficiali». Ecco perché, aggiunge l’istituto, «le criticità messe in evidenza dalle prove svolte nei primi cicli potrebbero costituire una diagnosi molto precoce e consentire azioni preventive più efficaci».

Guardare in tempo il termometro per curare la febbre prima che diventi grave. Questo l’appello dell’Invalsi, che però può suonare come una “autopromozione” delle prove. È evidente che sulla dispersione scolastica e sui bassi livelli di rendimento incidono anche fattori sociali ed economici che spesso sfuggono alla capacità d’intervento della scuola.

Ne è convinto, ad esempio, un autorevole esponente del corpo docente come Aldo Scarpis, professore di greco e latino nativo di Pordenone, ma da tempo trapiantato in Lombardia, dove ha insegnato per trent’anni, fino alla pensione, al prestigioso liceo classico Parini di Milano, dove si è costruito una robusta fama, oltre che di grecista e latinista, anche di comunicatore controcorrente.

«Premesso – dichiara – che parliamo di un caso limite come quello del Parini, dove perfino chi viene dalla periferia è un’eccezione, per la mia esperienza personale la dispersione scolastica è un fenomeno prevalentemente socio-economico.

Credo che questa sia una chiave di lettura convincente anche per spiegare i livelli di rendimento che i test evidenziano nelle diverse aree del Paese, che credo riflettano più il diverso impatto del disagio sociale ed economico che una minore qualità delle scuole».

L’invito di Scarpis, comunque, è quello di non prendere per oro colato risultati che, pur essendo l’effetto di parametri univoci validi su tutto il territorio nazionale, rischiano di essere fuorvianti.

«Credo che se potessimo sottoporre ai test Invalsi gli insegnanti, molti non ne uscirebbero bene – provoca –. Non è soltanto una questione di preparazione, ma del fatto che vengono adottate tipologie di prove mutuate dal sistema scolastico anglosassone e per questo non molto adatti al nostro modello d’istruzione».

Ma quella di Scarpis non vuole essere una difesa a tutti i costi della nostra scuola, «ancora storicista, idealista e gentiliana – dice – dove i programmi restano sempre gli stessi e vengono proposti come manuali di letteratura manuali di mille pagine, quando in Inghilterra e in America si concentrano su un paio di autori, ma lavorandoci sopra davvero».

Anche per questo i test Invalsi danno risultati deludenti. «E anche per questo – dichiara – non credo di aver lasciato una scuola superiore migliore di quella che avevo trovato ai miei esordi, allo Stellini di Udine. Anche la maturità attuale mi piace poco, era decisamente meglio quella con due sole materie piuttosto degli attuali quiz, così come non mi convince la scelta di non affidare più materie allo stesso docente.

Il classico è sempre attuale? Nemmeno di questo sono convinto, anche se al Parini, negli ultimi anni, sono raddoppiate le iscrizioni. Non credo per un rinnovato appeal delle lettere classiche, che all’università sono ormai appannaggio di isolate minoranza. Forse gli studenti si stanno accorgendo che lo scientifico è più difficile». —

 

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