Terremoto a Nimis: Diana si riconosce nella foto mai vista

Il racconto dopo quarant'anni: «Avevo nove anni, andavo a prendere l'acqua dagli alpini: non avevamo più niente»

TORLANO DI NIMIS. Non aveva mai visto quella foto in cui cammina nella tendopoli di Torlano nel maggio 1976. Almeno non fino al 28 aprile scorso quando, dopo quarant'anni, sfogliando le pagine del Messaggero Veneto, l'ha vista arrivare davanti ai suoi occhi. E con lei tante sensazioni apparentemente svanite.

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Diana Rossi e la sua famiglia, per tutta l'estate del 1976, dopo aver perso la casa e quasi tutto quello che c'era dentro, vissero nella tendopoli di Torlano di Nimis.

Diana, nove anni, indossa un vestitino a fiori, una collana e un sorriso. Mentre cammina nella tendopoli di Torlano, il sole brilla e indifferente riscalda il paesaggio spettrale di un Friuli ancora congelato dal terremoto. Attorno a lei, un campo minato di tende. Le nuove strade sono tra i prati, le finestre sono di plastica.

«Erano giorni difficili, non avevamo più niente. Gli alpini ci davano da bere e da mangiare: in quel momento stavo andando a prendere l'acqua con il secchio - racconta descrivendo la fotografia - mi avevano donato anche il vestito che avevo addosso. È stato emozionante riconoscermi nella foto».

Diana quei momenti interminabili del 6 maggio 1976 li ricorda ancora bene. Lei e sua sorella, un po' più grande, erano a casa da sole perché gli altri quattro fratelli e i genitori erano fuori. Impaurite e non così consapevoli scapparono in fretta e si riversarono per strada, dove ad abbracciarle c'erano i vicini di casa e gli amici del posto. Il privilegio di vivere in un paesino di provincia è quello di conoscere tutti e così, anche se ritrovarono i propri familiari solo qualche ora dopo, riuscirono a tranquillizzarsi e a placare la paura.

«Il boato di quella sera lo terrò dentro per sempre - continua - ancora oggi si insinua nella mia vita e mi spaventa confondendosi tra i rumori quotidiani, nei portoni chiusi con un po' più di forza. Dopo quarant'anni a volte provo ancora paura - sospira - poi mi focalizzo sui ricordi positivi, su tutto quello che di bello quel terremoto mi ha donato».

Dal lato dei ricordi felici, nella memoria di Diana un posto speciale è riservato a una scatola venuta da lontano. È un pacchetto pieno di giocattoli che ricevette da due bambini toscani, Simona e Simone Rossellini. Loro dentro ci avevano messo una lettera e un po' di bambole. Lei ci trovò un mondo intero, ancora capace di farla sorridere.

«Con i fratelli Rossellini ci siamo scambiati lettere per anni - racconta Diana - per un po' di tempo ho conservato quei giochi, poi i traslochi hanno selezionato i ricordi ma non dimenticherò mai il significato di quel regalo. Avevo nove anni nel 1976, sono stata fortunata. Mi ha salvata la mia spensieratezza», conclude.

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