Tempi lunghi per la vendita di palazzo Antonini

UDINE. Ci vorrà ancora tempo, nessuno sa dire quanto, per capire se palazzo Antonini, il gioiello palladiano di via Gemona, ex sede udinese della Banca d’Italia, potrà essere venduto. Sui 63 immobili in tutta Italia di proprietà dell’istituto e messi all’asta, sono state formalizzate, davanti ai notai, solamente 4 proposte di acquisto. Bankitalia, nonostante sia passato più di un mese, non ha ancora reso noto quali siano stati gli edifici venduti, nè dove si trovino. Ma è molto improbabile che proprio palazzo Antonini sia finito nella lista dei pochissimi beni passati di mano.
Sia per il prezzo (7,5 milioni di euro, più altri 5 se consideriamo l’attiguo “Palazzetto”), sia perchè, se così fosse stato, via Nazionale avrebbe in qualche modo contattato l’advisor locale, Maurizio Fabiani, referente udinese per la cessione di tutto il “pacchetto” Bankitalia, titolare di “Fasti Immobiliare Idea Città”, con sede in via Grazzano. Il professionista ha seguito nei mesi scorsi, per conto dell’advisor nazionale Colliers-Exit One, passo dopo passo, i clienti.
«A Udine è stato riscontrato il maggior interesse in assoluto per gli edifici che la Banca d’Italia ha intenzione di dismettere - osserva Fabiani - . Ci sono stati concessi tre giorni in più del previsto per poter effettuare le visite che avevamo prenotato. Purtroppo il bando è stato fatto nel momento peggiore, in una fase delicatissima di incertezza politica, con le elezioni nazionali, regionali e comunali in contemporanea, e di incertezza economica.
C’erano diversi interlocutori che da un lato erano entusiasti per la bellezza e il prestigio del palazzo Antonini, ma che dall’altro sono stati frenati proprio da questa grande confusione che c’è nel nostro Paese. Appena 4 offerte è un risultato modesto, una fotografia povera, ma aderente alla realtà attuale. All’estero l’Italia è vista come un posto in cui potenzialmente si possono fare investimenti eccezionali, ma poi corruzione, tassazione altissima, burocrazia e vincoli fanno scappare anche coloro che hanno portafogli carichi di dollari, euro o yen».
Dunque per i 59 immobili non venduti, tra cui quelli di Udine, ora si prospetta una seconda fase, con un altro bando. Ma i tempi sono tutt’altro che certi, visto che da Bankitalia per il momento non si muove foglia. La procedura comincerà daccapo, forse con prezzi ribassati ulteriormente, ma comunque con gli stessi professionisti incaricati sul territorio di coinvolgere potenziali acquirenti. «Tutto quello che non è stato assegnato - ricorda ancora Fabiani - verrà rimesso sul mercato. Del resto l’attuale ministro dell’Economia Saccomanni, che è stato direttore generale della Banca, sostiene la necessità di vendere i beni dello Stato, quelli considerati “centri di costo” per la pubblica amministrazione.
A chi potrebbe interessare palazzo Antonini? Beh sicuramente non potrebbe essere adattato o modificato, vista la rigida tutela della Soprintendenza. Non potrebbero essere realizzati uffici o appartamenti, tanto per intenderci. Potrebbe diventare una sede importante per banche, gruppi imprenditoriali, grandi professionisti. Il prezzo fissato, circa 7,5 milioni di euro, è basso, questo è un vantaggio notevole per chi desidera accaparrarselo.
E poi è conservato molto bene, il proprietario fa continue manutenzioni, tutta l’area è sorvegliata e controllata. I problemi sono essenzialmente due: la gestione del parco, che è molto grande, e la dismissione dei due caveau blindati che si trovano all’interno, uno al piano terra e l’altro, più grande, al primo piano. Tutti dettagli che dovranno essere affrontati una volta manifestato l’interesse a comperare da parte di qualcuno».
Fin qui l’attualità e le prospettive, che appaiono complesse. Ben più “semplice” fu l’ultimo passaggio di proprietà del gioiello palladiano, che risale al 30 agosto del 1899, quasi 114 anni fa. Quel giorno, un mercoledì, come si evince leggendo l’atto, davanti al notaio udinese Valentino Baldissera, si presentarono gli allora titolari del bene, definiti «possidenti», il sacilese Francesco Camilotto e l’udinese Luigi Americo Selz.
Il palazzo infatti già da tempo non apparteneva più ai discendenti degli Antonini, che lo avevano commissionato al giovane architetto Andrea Palladio alla metà del Cinquecento, perchè volevano una dimora prestigiosa in città, che ne testimoniasse il potere e la ricchezza. Dal notaio c’erano anche i funzionari della Banca d’Italia che, per conto del governatore Bonaldo Stringher (pure lui di Udine), avevano il mandato di acquisto. Il prezzo concordato? Duecentomila lire.
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