Tarvisio, animalisti in rivolta per la carcassa del cervo in chiesa

TARVISIO. La messa per Sant’Uberto a Tarvisio scatena le polemiche. Già, perché la recente funzione in onore del protettore dei cacciatori, durante la quale è stato portato in chiesa un cervo morto, ha scatenato molte reazioni. Oltre cento i commenti postati alla notizia pubblicata online, con continui botta e risposta fra chi difende la tradizione perpetuata dalla riserva di caccia di Tarvisio-Malborghetto e chi ha invece giudicato di cattivo gusto l’iniziativa. Al coro non potevano mancare le associazioni a tutela degli animali.
«Sono esterrefatto da questa iniziativa – commenta Guido Iemmi, responsabile istituzionale regionale della Lega Anti Vivisezione Onlus (Lav) – , perché qui si tratta di un animale morto, che doveva essere trattato come tale, dandogli una degna sepoltura e non esposto come un trofeo, tanto meno in una chiesa». È un fiume in piena, Iemmi, che non esita a definire quanto messo in atto nella parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo «un macabro rito pagano. Sono basito, soprattutto in un momento nel quale la discussione attorno all’attività venatoria è quanto mai aperta».
Iemmi ricorda infatti la recente petizione contro la caccia promossa da Lav, con Animalisti Fvg e Lac, che soltanto a Pordenone ha raccolto 600 adesioni «mentre in Italia – conclude il responsabile regionale della Lega Anti Vivisezione – le firme sono state 50.000».
Ferma la condanna anche del presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti: «Portare in un luogo sacro un animale morto mi sembra una pratica inopportuna – puntualizza – anche alla luce della grande sensibilità attuale sul tema della caccia. Sono perplesso e qualche nostro associato mi ha già fatto pervenire le sue rimostranze». Facendogli notare come questa sia un’usanza tipica in Valcanale, il punto di vista di Cargnelutti non cambia: «Le tradizioni, pur restando inalterate nel loro spirito, nel tempo possono anche mutare nella forma», conclude.
I cacciatori locali, invece, non si scompongono per il polverone che pare aver scatenato la messa di Sant’Uberto, loro patrono. Non lo fa certamente Claudio Klavora, direttore della Riserva di Tarvisio-Malborghetto che oggi conta 80 soci e 6 aspiranti. «Mi aspettavo che ci fossero reazioni contrarie, ma ognuno è libero di pensarla come vuole e io non voglio fare polemiche con nessuno – sintetizza – . Dico solo che quanto fatto segue il percorso di una tradizione cominciata nel 1888, quando è nata la nostra Riserva di caccia, e che in futuro continueremo a mantenere».
Il direttore ricorda, inoltre, come in passato c’era anche la battuta sociale – poi stoppata per motivi di legge – ad accompagnare la giornata: cervi, caprioli e camosci venivano esposti sul sagrato della chiesa, prima di celebrare la messa dedicata a Sant’Uberto. «Voglio soltanto far presente, e lo dico per esperienza diretta, che questo tipo di usanza è presente anche in molti Paesi a noi vicini – conclude Klavora –. Austria, Slovenia, Croazia e Ungheria celebrano questa funzione ogni anno. Ma polemiche non ce ne sono». In Friuli, invece, il dibattito si è subito infiammato.
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