Tabaccaio paga tardi i bolli undici mesi per peculato

di Cristian Rigo
Un ritardo nel pagamento dei bolli auto riscossi per conto dello Stato è costato piuttosto caro al titolare di una tabaccheria udinese che, oltre alla sanzione amministrativa del 5%, ieri ha patteggiato 11 mesi di reclusione (pena sospesa con la condizionale) per peculato. La legge infatti parla chiaro e il concessionario di un servizio pubblico di riscossione viene di fatto equiparato a un pubblico ufficiale. Così un ritardo “diventa” un’appropriazione indebita e alla sanzione si sommano le responsabilità penali.
A “pagare” il conto ieri è stato il 50enne di origini campane, ma residente a Udine, Armando Zimbardo, che fino allo scorso anno gestiva una tabaccheria abilitata alla riscossione dei bolli auto. Nella settimana dal 29 settembre al 5 ottobre 2010 non aveva versato 5.904 euro e così il 10 novembre sempre del 2010 l’Agenzia delle entrate ha denunciato il mancato pagamento alla Procura e Zimbardo si è trovato a rispondere dell’accusa di peculato. Anche se poi la somma è stata interamente versata con tanto di sanzione accessoria del 5%. «Purtroppo - spiega l’avvocato Marco Fattori - è sufficiente una dimenticanza o un errore contabile per vedersi accusato di peculato. Il giudice (il Gup, Daniele Faleschini Barnaba, ndr) ha riconosciuto tutte le attenuanti del caso e quindi siamo soddisfatti, ma purtroppo la cassazione ha confermato che il mancato versamento nei termini delle somme riscosse per conto del Ministero delle finanze è da considerarsi peculato e quindi la pena minima è tre anni. Il problema - continua l’avvocato - è che i tempi per i pagamenti sono piuttosto stretti. Se nel conto corrente indicato nell’F 24 non c’è la somma necessaria, il flusso viene respinto e l’agenzia delle entrate da tempo due settimane per fare nuovamente il pagamento tramite bollettino incrementato del 5%. Poi viene inviata una raccomandata e ci sono 5 giorni di tempo e se non si paga entro ulteriori 15 giorni scatta la denuncia. Purtroppo in questo ultimo periodo in Italia ci sono state diverse denunce».
La crisi evidentemente ha messo alle strette anche i tabaccai, ma anche un «disguido contabile» è sufficiente a far scattare il meccanismo di recupero del credito che sfocia con la denuncia penale. «Se non c’è un conto corrente dedicato espressamente a questi pagamenti - sottolinea ancora l’avvocato - basta una spesa imprevista a non far tornare i conti». E dal mancato pagamento si può arrivare a un patteggiamento.
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