Suo figlio ha i sintomi del Covid, lo sfogo di una mamma: "E pensare che siamo ancora in attesa del tampone"

PORDENONE. «Non è accettabile questa situazione. Se noi non fossimo responsabili avremmo contagiato chissà quante persone. Il sistema non funziona e sulla salute non si può scherzare, non lo accetto».
A parlare è la mamma di due ragazzi, uno maggiorenne e uno adolescente, che vive a Pordenone. La scorsa settimana il figlio maggiore ha saputo di essere entrato in contatto con il virus perché un compagno di calcio è risultato positivo.
«A quel punto ho subito isolato i miei ragazzi in via precauzionale e ho avvisato il medico, che ha avvisato l’azienda sanitaria». Chiamata e appuntamento per il tampone giovedì. «Ho preso tempo perché nel frattempo nella scuola frequentata dal mio secondo figlio, il Grigoletti, un insegnante è risultato positivo. Per cui l’istituto ha chiamato per fare il tampone mercoledì a tutta la classe. Ho richiamato l’Azienda sanitaria per confermare che mio figlio giovedì non sarebbe andato, volevo anche capire se magari quel posto poteva essere occupato dal mio secondo figlio, visto che nessuno nel frattempo lo aveva chiamato: ai numeri che mi hanno lasciato non ha mai risposto nessuno».
Mercoledì il tampone e subito dopo i sintomi: perdita del gusto, febbre eccetera. Anche l’altro figlio, quello che non ha fatto il tampone, manifesta alcuni sintomi. «Io ho subito isolato i miei figli, anche perché entrambi hanno delle problematiche di salute, ma l’ho fatto per senso di responsabilità. Se avessi dovuto seguire quello che si dice – “Se non ti chiamano dopo due giorni vuol dire che sei negativo” – avrei dovuto fare diversamente».
Per poter leggere l’esito del tampone, la signora si è rivolta nuovamente al medico di famiglia, «che però non mi ha aiutata. Mi ha detto di accedere a Sesamo, il sito della Regione per vedere direttamente il referto, ma io, come altri genitori di ragazzi in classe con mio figlio, non ci sono riuscita. Possibile che, se do l’autorizzazione al medico, non possa essere lui a vedere e comunicarmi l’esito?
Nel frattempo però la mamma dei provvedimenti li ha presi, tra i quali uno drastico. «Ho deciso di lasciare il mio lavoro di badante perché temevo per la salute del signore di 96 anni che assistevo. Quel lavoro mi serviva, ma come faccio a entrare in casa di una persona a rischio sapendo che potrei essere io a portargli il virus? Faccio presente che da quando abbiamo saputo del primo positivo, è passata una settimana. Nè mio figlio più grande, nè io, che siamo conviventi, abbiamo ricevuto la chiamata dall’azienda sanitaria per fare il tampone. So che il personale sta facendo grandi sacrifici, ma perché non hanno assunto qualcuno che almeno chiamasse a casa le persone per fare i tamponi e per comunicare gli esiti? Non si può giocare con la salute».
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