Storia di Fides, la prima donna portabandiera

La Romanin da Forni Avoltri ricorda i giorni che l'hanno resta celebre: Mi dissero "Sei la più alta e la più giovane"...
Fides Romanin (seconda da sinistra) con le compegne di squadra
Fides Romanin (seconda da sinistra) con le compegne di squadra

 UDINE. «Vieni qui tu, prendi la bandiera, stringila forte, cammina dritta, fai il giro del campo e, mi raccomando, quando arrivi davanti alla tribuna reale inchinati e abbassa la bandiera davanti al re di Norvegia».

Fides Romanin ha 17 anni e mezzo, viene da Forni Avoltri, un paesino della Carnia di poche anime poco più d’un decennio prima sconvolto dai Cosacchi, mandati da Hitler per fagliela pagare ai partigiani, che lassù avevano creato una Repubblica Libera. È semplicemente catapultata in un sogno, lei che fino a due anni prima dava una mano alla famiglia, sognava un lavoro sicuro in pianura, e non sapeva sciare.

«Perché io?», pensò la friulana guardando il presidente del Coni, Giulio Onesti e senza aver coraggio di chieder nulla. «Sei alta e sei la più giovane», gli rispose.

LA RINASCITA DOPO LA GUERRA. Era una ragazzotta alta 1.80, Fides, e soprattutto aveva i polmoni d’acciaio. Alle Olimpiadi di Oslo del 1952 ci arrivò dopo aver superato le selezioni di un’Italsci che, come la Nazione, stava cercando di farsi largo dopo la guerra. Fu la prima portabandiera donna alle Olimpiadi. È vero, ora l’età le sta presentando il conto, ma nonostante i diversi acciacchi, il suo sguardo vuol dire tutto. I suoi occhi sono forti, da campionessa.

E allora improvvisamente quel donnone costretto su un letto ritorna in pista, su quegli sci da fondo in legno «che per sciolinare si doveva usare la forza delle mani e ci si doveva arrangiare», dice. Ti fa tornare indietro nel tempo Fides, a un’Italia che non c’è più, ma senza la quale non ci sarebbe quella (pur sgangherata) di adesso. Val la pena ricordarlo ai giovani d’oggi.

«Era il 1950, nella vicina Sappada – racconta – organizzavano una gara di fondo. La Fisi cercava atleti per le Olimpiadi di Oslo. Ero testarda. Rimediai in paese un paio di pantaloni e degli sci, feci un po’ di allenamento e mi presentai».

Seconda, dietro a Ildegarda Taffa, tarvisiana che l’accompagnerà a Oslo e poi sarà l’amica d’una vita. «Vinsi una cassa di liquori che barattai con l’albergatore del mio paese per la stoffa per farmi i pantaloni da sci». Da lì iniziò l’avventura. «Seconda selezione al Bondone: vittoria – continua –; pochi mesi e mi ritrovo a Falun in Svezia per un collegiale con la Nazionale».

DALLA CARNIA ALLA SVEZIA. Immaginate la ragazzina 16enne. Via, dalla Carnia in Svezia. Due giorni di treno. «Partimmo io e Ildegarda per Milano, non ci ero mai stata. Ci portarono anche allo zoo». La figlia Maria Maddalena, che la assiste, sorride. Fides anche e con quei due occhioni ti riporta lassù. «Andammo a pranzo dall’ambasciatore a Stoccolma, poi sulla torre girevole». Svezia e Norvegia erano le culle del fondo. Le altre nazioni non c’erano proprio.

Per allargare l’orizzonte e rendere le gare internazionali più competitive erano i paesi nordici a “insegnare” agli altri come si faceva. Di qui i collegiali. «E le Olimpiadi?», chiediamo alla prima portabandiera azzurra. «Partimmo per Oslo in aereo, con noi c’era anche il cuoco. Avevamo le divise con la scritta Italia. C’era Zeno Colò, un mito. Fumava tanto, era gentile e semplice, del resto era un boscaiolo dell’Abetone».

QUEL RIMPROVERO. Poi il giro di pista col Tricolore. E il rimprovero del capo spedizione alla fine per aver masticato un chewing-gum. Arrossisce ancora Fides quando lo racconta. Al massimo gli americani li aveva visti nella sua valle da bimba dentro un carro armato a ricacciare via i Cosacchi.

Uno le aveva dato una chewing-gum, che fare se non masticarla? A proposito di uomini. Fides non ci casca nel tranello, nemmeno a 84 anni. «Uomini? Don Elio, il parroco di Forni Avoltri, mi aveva consegnato una lettera per il presidente della Fisi in cui si raccomandava di trattarmi bene e di tenermi lontano dai pericoli. E poi lassù i nordici erano timidi, mica come i ragazzi italiani».

UN TRUCCO PER LA 10 KM. Le gare? Cinque chilometri rigorosamente a tecnica classica («mica c’era il pattinato» sorride), oltre il decimo posto. E la 10 km? Sì, Fides gareggiò anche nella distanza doppia, nonostante non avesse nemmeno 18 anni, età minima allora per parteciparvi. La Fisi sistemò tutto “truccando” i documenti e invecchiandola di qualche mese.

Finita lì? Macché. La carnica “raddoppiò” anche a Cortina 1956, quando sì l’Italia stava dando una spallata decisa agli anni della guerra. Cos’è la fatica per Fides? «Quella cosa che ti aiuta a essere forte. E se non fai sacrifici non diventi forte», dice sicura, confessando che le gare di sci le vede ancora, che le piaceva da matti la Belmondo e ora fa il tifo per la Goggia e le ragazze della discesa.

Il tricolore ce l’ha nel cuore. E statene certi che la signora Fides un occhio a come sfilerà domani col Tricolore Arianna Fontana lo darà senz’altro.

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