Solomon, il nigeriano che vende biciclette

Uno stage nello storico negozio Cevolin gli ha cambiato la vita. E in viale Marconi, mentre gli altri chiudono, lui apre e sfida la crisi

PORDENONE. La bicicletta è sempre stata la sua passione, ce l’ha nel sangue: il padre, in Nigeria, aggiustava biciclette e lui, fin da bambino, gli ha dato una mano. Poi la fuga da un paese diviso da contrapposizioni politiche, a soli 16 anni, verso l’Europa: prima in Italia, poi in Germania, ad Amburgo, e poi ancora in Svizzera per approdare, nel 2010, a Pordenone.

E’ questa, in poche parole, la vita negli ultimi 20 anni di Solomon Mbanusi e del coronamento del suo sogno: aprire un negozio di biciclette. Lo ha fatto, circa un nano fa, in viale Marconi. Nel suo negozio, Msc, vende e ripara biciclette.

«Sono arrivato a Pordenone nell’aprile 2010 da Venezia, grazie alla Caritas – ha spiegato – e in un primo momento ho abitato a Casa San Giuseppe. Ho studiato italiano grazie al Don Bosco, frequentando le lezioni all’hotel Santin».

Il suo ideale è sempre stato quello di proseguire il lavoro di famiglia e così, grazie anche alla Caritas, ha iniziato uno stage da Cevolin dove ha lavorato per tre mesi, poi Aviano, a Casa Padiel, ha lavorato come magazziniere, ha accudito animali e coltivato l’orto.

Ma il suo passaggio da cicli Cevolin non era passato inosservato, tanto che è stato assunto in negozio fino a luglio 2013, quando ha chiuso. Un fulmine a ciel sereno, che però a Solomon ha schiarito ancora una volta cosa voleva fare nella vita. Così ha deciso di mettersi in proprio.

Un salto nel buio – visto il periodo- per gli italiani, figuriamoci per gli extracomunitari. Ma lui non s’è mai pentito. «Ho una grande passione per questo mestiere – spiega – e grazie al lavoro da Cevolin ho conosciuto qualche cliente e gli altri negozi di biciclette di Pordenone».

E così ha cominciato la ricerca di un buon locale dove mettere su il negozio: la scelta è ricaduta per viale Marconi, in un locale adiacente all’ex MdL. Una posizione che gli è fin da subito sembrata congeniale perché baricentrica rispetto ad altri negozi del suo genere.

«Ho investito su di me, avviando una piccola attività – ha spiegato –. Non ho dipendenti e quindi devo fare i conti con me stesso. Mi do coraggio, ci sono le spese da sostenere, ma ce la faccio».

Per tutte le incombenze burocratiche si è rivolto alla Camera di commercio e all’unione artigiani, che gli hanno dato un grande aiuto.

I clienti sono una fascia molto eterogenea, un po’ di tutti i tipi: da chi deve riparare il proprio mezzo a chi ne compra uno per sé o per i figli (anche di seconda mano) oppure chi ha bisogno di qualche accessorio, dagli italiani agli stranieri, senza alcuna distinzione.

E viene quasi spontaneo chiedergli se ci sono stati casi di razzismo. «I più razzisti sono gli extracomunitari – afferma con convinzione – è da loro che ho constatato i comportamenti più invidiosi e critici nei miei confronti».

A Pordenone Solomon si trova bene, la città è a misura d’uomo e qui si sente di poter riuscire nella propria attività. «Quello che mi manca è la licenza media – ha concluso –. Ho solo l’esame da affrontare, e prima o poi lo farò».

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