Servono 2 milioni per bonificare l’ex caserma Urli

TARCENTO

Servono 2 milioni di euro per bonificare l’area dell’ex caserma Urli di via Pasubio. A tanto ammontano le stime che emergono dal progetto elaborato dallo studio Pironio su commissione del Comune.

Il progetto per la messa in sicurezza, la demolizione e la bonifica di aree e strutture che fino al 1976 erano state la sede del comando del 52° Battaglione di fanteria d’arresto “Alpi” della divisione fanteria “Mantova”. Dall’anno del terremoto quelle strutture che occupano una superficie di 40 mila metri quadrati sono inutilizzate.

Il Comune, grazie a un contributo regionaleha fatto predisporre un progetto che chiarisce costi e interventi necessari: «Con l’intervento di una ditta privata – spiega il sindaco Mauro Steccati –, che non è costato nulla perché la legna è stata venduta, abbiamo prima provveduto a ripulire l’area interna dell’ex caserma dalle piante che erano cresciute dovunque e rendevano difficile l’accesso. Con quel lavoro i professionisti intervenuti hanno potuto fare l’analisi di tutto quello che c’è dentro per conoscere i costi della bonifica».

La caserma Urli è stata sede del Battaglione “Alpi” dal 1964 e si presume che gli edifici che la componevano siano stati costruiti dalla fine degli anni 50. Dopo il 1976 la caserma non è stata più utilizzata e oggi di quel luogo è rimasto un insieme di manufatti che si stanno degradando, con la presenza di molti materiali che hanno elevati costi di trattamento e smaltimento, a cominciare dalle coperture in eternit e senza dimenticare la presenza di cisterne e serbatoi.

«Quei manufatti – spiega Giuseppe Fasone, assessore ai lavori pubblici – vanno demoliti perché irrecuperabili. I costi per la bonifica sono elevati, ma le operazioni necessarie sono molte. Di certo prima di poter decidere a cosa destinare l’area è necessario intervenire portando via i rifiuti speciali, demolire i manufatti e riportarla alla condizione originaria. Su come utilizzarla in futuro si deciderà poi: con i tempi che corrono forse anche ridestinarla all’agricoltura non sarebbe una cattiva idea». —



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