Serracchiani a Friuli doc: "E’ un danno per tutti"

UDINE. Il timore che il presunto uso di un lievito non consentito dal disciplinare Dop si traduca in un pesante danno d’immagine per il comparto vitivinicolo regionale si è diffuso ieri a macchia d’olio tra produttori, consorzi, associazioni di categoria fino ad investire l’esecutivo regionale e la sua presidente. Debora Serracchiani ha rotto il silenzio all’inaugurazione di Friuli Doc, una apertura della rassegna condizionata proprio dalla notizia dell’inchiesta caduta nel giorno in cui a Udine oltre a specialità gastronomiche c’è la possibilità di degustare l’offerta vinicola del Friuli.
La Regione
«L’indagine sulla contraffazione del Sauvignon? Sono fortemente preoccupata» ha denunciato senza usare giri di parole la presidente. Sentimento comprensibile considerato che una vicenda come questa rischia anzitutto di vanificare ogni sforzo promozionale compiuto dalle istituzioni e ancor peggio di crepare in modo grave l’immagine di eccellenza e grande qualità che negli anni si sono guadagnati i nostri vini. Regionali e nazionali. Serracchiani teme per entrambi. «Sono sempre molto preoccupata - ha proseguito ieri la presidente - quando per responsabilità di qualcuno che non si comporta bene rischiamo di mettere in crisi l’intero sistema dell’agroalimentare, non soltanto regionale, ma di tutto il Paese. E’ un colpo duro, che infliggiamo alla stragrande maggioranza dei vignaioli onesti italiani e anche agli sforzi delle istituzioni, a partire dalla Regione, compiuti in questi anni. Il tutto - ha concluso - proprio nel momento in cui, come confermano i dati dell’Inps, il Paese sta finalmente ripartendo». Non meno duro il commento dell’assessore regionale all’agricoltura, Cristiano Shaurli secondo cui «ferme restando le garanzie di legge, si tratta di un episodio che è dannoso già a livello d’immagine. La Regione ha investito e continuerà ad investire importanti risorse in qualità, trasparenza e certificazione, anche per evitare che brutte situazioni come questa abbiano a ripercuotersi sulla reputazione dei nostri vini e della grande maggioranza dei nostri vignaioli». Shaurli ha quindi ringraziato la magistratura e le forze dell’ordine per il loro intervento «poiché - ha precisato - qualsiasi contraffazione ai danni della genuinità del vino e della buona fede dei cittadini va combattuta e sanzionata. E’ un orgoglio della nostra terra» ha detto ancora l’assessore a proposito del Sauvignon: «Chi lavora bene e porta alto il nome del Friuli Venezia Giulia nel mondo - ha concluso - non merita di portare macchie per la disonestà di pochi».
Le categorie
A favore dei controlli si è detta anche Coldiretti del Friuli Venezia Giulia: «Ben vengano, l’importante è che non si criminalizzi l’intero settore. Si agisca con prudenza, perché il rischio è di vanificare il lavoro di tante aziende serie». Non si può dire che la notizia dell’inchiesta sia piombata sui produttori come un fulmine a ciel sereno. Tra gli addetti ai lavori circolavano da tempo dubbi su alcuni vini. «Troppo marcati, quanto a sapori, per non essere stati manipolati» si sentiva dire a mezza voce. Fino a quando, quella voce, non si è tradotta in una “denuncia” in Procura e in un’indagine.
I produttori
La notizia delle perquisizioni di ieri tra Colli Orientali e Collio è dilagata nel giro di poche ore. Lasciando come detto i produttori se non stupiti molto amareggiati. E coscienti del rischio corso in termini d’immagine. Per Robert Princic, presidente del Consorzio dei vini del Collio, «questa vicenda non fa bene al comparto, ma creare allarmismo è sbagliato». Il suo omologo al Consorzio Colli orientali del Friuli, Adriano Gigante, confessa la propria «amarezza. Del resto - ha proseguito - aspetto di conoscere quali sono le motivazioni, convinto che il nostro Sauvignon sia già profumatissimo. Un grande prodotto». Che non necessita, questa la teoria che tutti sottoscrivano, né di doping né di operazioni maquillage. E ciò, grazie ai cloni utilizzati. Parola degli agronomi.
L’esperto
«Il nostro vivaismo vitivinicolo offre una tale gamma di sapori, con così apprezzabili risultati in termini di profumi e aromi, che mi pare perfino impossibile qualcuno possa essersi spinto ad aggiungere qualche prodotto non lecito», dice Claudio Fabbro. «Il Sauvignon - aggiunge - ha trovato in Friuli Venezia Giulia condizioni di terra e clima che lo fanno venire benissimo, al punto che, di fronte a un assaggio ben dato, gli amici francesi restano stupefatti dalla bontà del nostro vino». Portato in trionfo nel recente concorso mondiale del Sauvignon in occasione del quale l’agronomo Giovanni Bigot, si può dire il “papà” del progetto Sauvigon avviato ormai 10 anni fa in Friuli Venezia Giulia, ha scritto un volume dedicato proprio ai fattori - dieci - che influiscono sulla qualità aromatica del nostro vino. «Si parte dalla base genetica dei cloni che caratterizza il Friuli dal resto del mondo - spiega Bigot - per passare dalla zona in cui vengono coltivati, dal regime idrico, dalle concimazioni alla vendemmia, che regala - a seconda del periodo - la sensazione del bosso, del pompelmo rosa, per finire con il frutto della passione. Tutto con sole attenzioni agronomiche, senza metterci nulla», assicura Bigot. Anche lui non nasconde l’amarezza. «Dopo dieci anni di duro lavoro passati come le formichine a mettere insieme un pezzetto alla volta ora questa vicenda rischia di compromettere tutto. Mi domando - ci dice al telefono, come parlando tra sé - cosa penseranno i giornalisti di tutto il mondo che quest’anno, al concorso, ci hanno baciato le mani per la bontà del nostro Sauvignon».
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