Sclerosi multipla, il Friuli escluso dal metodo Zamboni

UDINE. La Neurologia dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine è stata esclusa dalla sperimentazione per il “metodo Zamboni” contro la sclerosi multipla. L’Azienda ospedaliera di Ferrara ha comunicato la conclusione della prima fase dello studio “Brave dreams” e, con il 31 dicembre, ha completato il reclutamento e l’intervento su tutti i pazienti selezionati in otto centri italiani coordinati dall’ospedale Sant’Anna.
Nell’elenco compaiono gli ospedali di Bologna, Ravenna, Catania, Ancona, Novara, Milano e Firenze, oltre all’Università di Milano Bicocca per le analisi statistiche, ma non sono inclusi gli ospedali di Cattinara, né quello di Udine, che a suo tempo si erano candidati alla sperimentazione.
L’insufficienza cronica cerebrospinale o Ccsvi è stata descritta per la prima volta da un ricercatore italiano, il professor Paolo Zamboni, dell’Università di Ferrara nel 2008, la soluzione proposta dal team di ricercatori coordinati da Zamboni è un intervento chirurgico di angioplastica finalizzato ad allargare i vasi ostruiti e correggere il difetto infilandovi una sonda con una specie di piccolo palloncino.
Per una sessantina di pazienti, già contattati dall’ospedale di Udine, questa sembrava essere una strada da percorrere. Ora però le speranze vengono a mancare.
A lanciare l’allarme è l’associazione Ccsvi nella sclerosi multipla Friuli Venezia Giulia per voce della sua presidente Silvia Chinellato: «La sperimentazione è partita nel gennaio 2012 ed è diventata una speranza per gli ammalati di scleorsi multipla (68 mila solo in Italia di cui 1.500 in Friuli, ndr). Dei 20 centri che inizialmente avevano aderito – riassume la Chinellato – alcuni non sono stati in grado di completare l’iter di accreditamento, Trieste non ha ultimato l’iter richiesto per la formazione del personale, Udine invece ce l’aveva fatta e nel dicembre del 2013 i pazienti sono stati convocati per la sperimentazione: una sessantina si sono detti disponibili all’arruolamento».
«Per oltre un anno – continua la presidente –, abbiamo atteso in un continuo susseguirsi di ritardi e di rinvii. Ho in questi mesi sollecitato richieste di chiarimento al dottor Roberto Eleopra, direttore della Neurologia di Udine, e offerto la collaborazione dell’Associazione per superare le difficoltà, invano. Prima mancava il modulo per il consenso informato, poi due figure di specializzandi che erano stati preparati – ricapitola la Chinellato –. A oggi nessuno dei pazienti ha ricevuto comunicazioni ufficiali, ma apprendiamo che non c’è la possibilità di entrare nel programma».
Per sostenere lo studio, che ha un costo stimato di 2,5 milioni, nel 2011 l’associazione si era attivata con una raccolta fondi che aveva messo a disposizione 50 mila euro. Era anche stata promossa una petizione che aveva raccolto 11 mila firme.
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