Savio, un filo storico lungo cent’anni
di Elena Del Giudice
Un filo lungo cento anni, che sono poi parte della storia di questo territorio, oltre che della Savio. Una storia che merita di essere celebrata, che è quel che Savio spa sta facendo in questi giorni ripercorrendo un secolo di vicende industriali, ma anche umane e sociali, con incontri ed eventi che si concluderanno domenica con le porte dell’azienda che si apriranno per accogliere «speriamo tutti i pordenonesi».
Quattrocentocinquanta milioni di euro di fatturato a fine dicembre, stima recentemente rivista al rialzo dai 430 indicativi di solo poche settimane fa, di cui 300 realizzati a Pordenone, 8 stabilimenti in 6 Paesi (2 in Italia, 2 in Cina, 1 in Germania, 1 in Belgio, uno in India e uno in Svizzera), 1.350 dipendenti, di cui circa 500 a Pordenone, sono i numeri della Savio Macchine Tessili spa, da alcuni mesi passato di mano da Gruppo radici ad Alpha, fondo di private equity con dichiarate intenzioni di rinnovata crescita. Risultati ragguardevoli, se solo si considera che Savio ha affrontato e superato l’annus horribilis del 2009, con un fatturato in calo di oltre il 20%, praticamente raddoppiando nel volgere di due anni: da 180 milioni di euro del 2009, ai 450 del 2011. E tutto è iniziato nel 1911, se non prima (è di quell’anno il primo documento in cui si parla dell’azienda pordenonese), a Pordenone perché è qui che esistevano i cotonifici. «Nella filatura di Rorai Grande - racconta Lorenzo Cucchetto, amministratore delegato di Savio - lavorava un tecnico, Marcello Savio che nel 1911, con poche macchine utensili ma molte idee e coraggio, aprì un’officina per la riparazione di macchine tessili». Nel ’36 l’Italia è in pieno embargo, dall’Egitto non arriva il cotone ne è possibile reperire i pezzi di ricambio. Marcello Savio intuì l’opportunità all’interno della crisi, e inizia a costruire macchine tessili: la prima è datata 1946. L’anno successivo è il figlio Luciano a raccogliere le redini dell’impresa e la trasforma da officina con 25 operai in un’azienda da 1.500 addetti. Luciano Savio rientra pienamente nel novero dei grandi capitani d’industria che «si preoccupano, oltre che dell’azienda, anche del sociale - rimarca Cucchetto - tanto che fonda il Fas, il Fondo assistenza dipendenti Savio attivo ancora oggi, dà vita al Gruppo anziani Savio, contribuisce alla nascita dell’Istituto professionale e dell’Istituto tecnico e della Casa dello studente». Oggi Savio è il primo produttore di roccatrici, evoluzione della prima del ’54, in cui comparve un cilindro che, «dopo 60 anni di perfezionamenti, è arrivato a quota 180 mila l’anno, componente richiesto anche da alcuni dei nostri concorrenti».
La storia si fa recente, con il passaggio della propria della Savio, nel ’71, all’Eni che porta a Pordenone manager di grande livello; quindi la privatizzazione che riporterà la proprietà in mani pordenonesi, quindi la decisione che si rivelerà strategica e vincente: la joint venture con un’azienda cinese. E’ del ’98 l’approdo al Gruppo Radici dal quale la Savio esce quest’anno in seguito alla cessione ad Alpha.
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