Sanità friulana, gli obiettivi del manager Caporale: «Tagliare le liste d’attesa e completare l’ospedale»
Il direttore generale di AsuFc è stato appena confermato per i prossimi 5 anni. «Nel 2025 vogliamo rilanciare in maniera definitiva l’intera Azienda friulana»
Nel calcio si sarebbe parlato di rinnovo quinquennale, peraltro con un contratto nemmeno vicino alla scadenza, a dimostrazione della fiducia riposta nella sua gestione dai vertici della sanità regionale.
Subentrato nel 2021 a Massimo Braganti, Denis Caporale entra nel 2025 con, infatti, un nuovo mandato di cinque anni alla guida di AsuFc, cioè la più grande e importante Azienda sanitaria del Friuli Venezia Giulia con oltre 9 mila dipendenti, di cui più di 4 mila soltanto al Santa Maria della Misericordia.
E il manager friulano apre l’anno con una precisa volontà: consolidare quanto di buono fatto nel 2024, a partire da una prima riduzione dei tempi di attesa per esami e operazioni.
Direttore, come giudica il fatto che la Regione abbia deciso di confermarla al vertice di AsuFc?
«Lo considero un riconoscimento della fiducia nei miei confronti sia da parte del presidente Fedriga sia dell’assessore Riccardi con cui abbiamo sempre collaborato efficacemente in questi anni.
Anni difficili, in cui il sistema ha dovuto rispondere a una pandemia e alle naturali problematiche legate alla nascita della nuova Azienda sanitaria.
In questo senso mi preme ringraziare tutta la direzione strategica e l’intero corpo dei professionisti, sanitari e non, di AsuFc per il lavoro svolto con abnegazione. Sono convinto che il 2025 sarà l’anno del definitivo rilancio dell’Azienda e la linearità di gestione ci permetterà di raggiungere i traguardi che ci siamo prefissati».
Qual è il primo obiettivo che si prefigge di raggiungere quest’anno?
«Dare continuità alle azioni impostate dall’Azienda sanitaria per ridurre i tempi e le liste d’attesa. I risultati del secondo semestre del 2024 ci stanno dando ragione, ma abbiamo il dovere di continuare in questa direzione cercando di recuperare altro tempo rispetto alle risposte di salute che vanno assicurate ai cittadini».
Qualche esempio delle azioni messe in campo nel 2024?
«Le visite mediche anche il sabato sono state un messaggio importante perchè i cittadini hanno percepito qualcosa di concreto, velocemente, in relazione a prescrizioni e tempi di attesa sulla parte ambulatoriale.
Ma è stato fatto un grande lavoro anche sulle liste d’attesa, sia sulla parte chirurgica sia sulle traccianti. Penso, ad esempio, alla chirurgia oncologica dove è stata recuperata una fetta significativa di attività in termini di volumi, ma pure di rispetto dei tempi.
Adesso, con la programmazione in continuità e senza i punti di caduta dei primi mesi dell’anno come accadeva in passato, siamo in grado di mettere a sistema quello che abbiamo già programmato».
Spostando la lancetta al 2030, invece, alla fine del suo mandato che traguardi vorrebbe aver tagliato?
«Vorrei citarne tre, a partire dalla velocizzazione della realizzazione della parte infrastrutturale che ci consentirà di offrire un sistema migliore rispetto al passato quando, probabilmente, qualcosa è mancato dal punto di vista, appunto, delle strutture».
Gli altri due quali sono?
«La riorganizzazione delle reti che consentirà all’ospedale di Udine di diventare sempre più l’hub di AsuFc, lavorando però in sinergia i nosocomi spoke in modo da garantire la risposta sanitaria nel modo migliore e nel luogo più appropriato.
Il terzo, infine, è quello di riuscire a riconoscere in maniera equa la giusta retribuzione a tutto il personale, cioè il vero cuore pulsante dell’Azienda sanitaria».
A proposito di infrastrutture, come procede il cantiere al Santa Maria della Misericordia?
«Il 2025 dovrebbe vedere la fine dei lavori del III e IV lotto del padiglione 15. Al massimo nei primi mesi del prossimo anno, inoltre, abbatteremo il padiglione 6 che diventerà, sicuramente, un vero e proprio simbolo di rinascita quando sarà ricostruito e adibito ai servizi ambulatoriali».
Il nuovo piano oncologico mette al centro del sistema l’ospedale di Udine. Siete pronti a reggere il nuovo carico di lavoro?
«Senza alcun dubbio. In realtà siamo già al centro del sistema per alcune funzioni come stomaco, pancreas e anche polmone in cui, in quest’ultimo caso, abbiamo raggiunto l’obiettivo target.
Nel corso del 2024 abbiamo spostato sugli ospedali spoke alcune attività di chirurgia minore, oppure di oncologia benigna, come per l’urologia che viene effettuata a Palmanova. Anche la mammella, tra l’altro, è stata oggetto di riorganizzazione».
Non ci sarà, pertanto, nessun maggiore peso sull’attività ospedaliera?
«No, il Santa Maria della Misericordia è perfettamente in grado di assorbire la mole di lavoro richiesta. Anzi, ci sarà una risposta migliore per l’utenza senza “rubare” attività ad altri ospedali e Aziende sanitarie.
Faccio un esempio, ricordando sempre come certe decisioni spettano alla Regione: se le operazioni sul polmone verranno eseguite soltanto a Udine, altri presidi svolgeranno attività diverse che, allo stesso tempo, saranno ridotte di volume al Santa Maria della Misericordia.
Concentreremo su Udine, in sintesi, soltanto quello che serve realmente».
Altra annosa questione è quella dei punti nascita. Udine ha raggiunto il record di parti nel 2024 (1.611, ndr), ma qual è la situazione nelle altre strutture?
«San Daniele è sopra le 500 nascite e non ha problemi. Quanto alle eventuali deroghe per Tolmezzo e Latisana, è compito del ministero autorizzarle o meno in base a specifici criteri di valutazione.
Il fatto, tuttavia, che Udine abbia raggiunto un livello di parti davvero importante, significa che le persone sono consapevoli di dove si debba andare a partorire.
Un punto nascita grande, in cui si accumula un numero alto di parti in un anno, è senza dubbio sicuro e in grado di dare risposte rapide ed efficaci a tutte le eventuali problematiche che dovessero emergere. Questo ci fa ben sperare nel futuro, nella consapevolezza che la sicurezza di un punto nascita non si traduce nell’averlo sotto casa».
Tra i problemi aperti non ritiene ci sia anche il Pronto soccorso con troppe attese e pochi medici?
«In realtà i casi urgenti non aspettano mai. Bisogna però fare in modo che i cittadini sappiano che per i codici minori ci sono, e soprattutto ci saranno, i servizi di medicina territoriale.
Sono certo che le Case della comunità aiuteranno il sistema dei Pronto soccorso».
A proposito di Case della comunità: le linee guida per il 2025 non prevedono per AsuFc l’apertura di tre strutture?
«Sì, in via sperimentale a Udine, Gemona e Cividale. Al di là degli spazi, abbiamo tuttavia bisogno di riempire queste strutture di servizi e, in questo senso, sarà fondamentale il nuovo contratto regionale da stipulare con i medici di medicina generale».
Torniamo al tema dei medici e dei Pronto soccorso. Come mai, secondo lei, si fa sempre più fatica a trovare personale disponibile a lavorare in quel reparto e negli altri di emergenza-urgenza?
«Senza nulla togliere alle altre specialità, la medicina d’urgenza è molto difficile: gli orari non sono quelli di un reparto normale, visto che rispondere a un’emergenza fa sì che spesso i turni si prolunghino più del previsto.
C’è, poi, una turnazione sulle 24 ore e sui sette giorni alla settimana, ma soprattutto conta parecchio anche il rischio professionale e legale del medico che opera in quei reparti e che non di rado va incontro a cause legali. Sono problemi che rendono difficile, e poco appetibile, il lavoro in queste aree».
Quali soluzioni si possono adottare?
«In Regione penso siano state messe in campo tutte le strategie possibili e, anzi, si sta anche lavorando su un piano di incentivazione maggiore per chi opera nella medicina d’urgenza. A livello nazionale credo invece servirebbe immaginare uno scudo penale un po’ più ampio, e tutelante, per questi professionisti».
Quali sono, attualmente, i rapporti con l’università di Udine?
«Ottimi e certamente non da oggi. Anzi, forse questo mandato, almeno per il sottoscritto, è stato importante per capire il reale ruolo e importanza dell’università all’interno di un’Azienda sanitaria.
Ringrazio il rettore Pinton perchè, in maniera costruttiva e costante, ci siamo sempre confrontati su ogni problematica.
L’integrazione tra enti è un vero punto di forza per questa Azienda sanitaria e i risultati dimostrano che le due realtà possono, e devono, coesistere per ottenere risultati concreti non soltanto ai cittadini in termini di salute, ma anche per la ricerca medico-scientifica».
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