Sana in base ai controlli, ma poi scopre un cancro

UDINE. Aveva cominciato a sottoporsi a controlli mammografici con puntualità annuale fin dalla giovane età, a causa della particolare problematicità del proprio seno. Dal 2002, la sua struttura sanitaria di riferimento, per l’attività diagnostica, era diventata la Friuli Coram di via Ciconi e il dottor Paolo Raneri lo specialista incaricato di seguirla.
Una prassi e una fiducia consolidate nel tempo, dunque, e che trovavano conferma referto dopo referto. Fino all’ultimo, datato 13 gennaio 2009 e nel quale il radiologo, ancora una volta, concludeva escludendo la presenza di «lesioni focali sospette con caratteristiche patognomiche di malignità» e rimandando la paziente «ai normali controlli routinari periodici a cadenza annuale Rx ed eco».
I fatti, cinque mesi dopo, avrebbero rivelato una situazione molto meno rassicurante, rispetto a quella proposta dalla lettura delle lastre: un tumore al seno e la necessità, per rimuoverlo, di un doppio intervento chirurgico. Ora che il “calvario” è finito e la malattia sconfitta, la donna, un’udinese di 53 anni, chiede di essere risarcita. E per farlo, sfumata la via della mediazione in Camera di commercio, ha citato a giudizio davanti al tribunale civile struttura sanitaria e medico. Entrambi responsabili, a parer suo e del legale che la assiste, avvocato Silvana Olivotto, di «incongruità diagnostica».
Il campanello d’allarme aveva suonato nel giugno del 2009, quando, avvertendo un dolore insolito e una sensazione di nodularità al seno, la donna, nonostante l’esito negativo dell’ultima mammografia, aveva deciso di rivolgersi a due professionisti del “Santa Maria della Misericordia”. Inequivocabile la diagnosi dell’ecografia: carcinoma lobulare infiltrante di secondo grado. E immediato il ricorso ai bisturi, seguito in settembre dal programma chemioterapico.
Un decorso clinico, quello ricordato nell’atto di citazione, che l’avvocato Olivotto non ha esitato a mettere in relazione con la mancata diagnosi di gennaio. «Un tumore del tutto accertabile - si legge -, laddove si fosse correttamente operato». Perchè, stando anche alle tre consulenze medico-legali allegate, «non v’è dubbio che in tale epoca, se non addirittura durante il controllo effettuato nel 2008, la patologia tumorale fosse già presente».
Secondo il professor Massimo Bazzocchi, in particolare, su alcune immagini ecografiche dell’ultima mammografia «si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a reperti sospetti». Da qui, le conclusioni del legale sulle «più ampie possibilità che la paziente avrebbe avuto di contrastare il cancro, se correttamente trattato» e la richiesta di risarcimento del danno «da responsabilità professionale» per complessivi 316 mila euro, di cui 105 mila come danno morale. Il processo è già cominciato: prossima udienza a fine luglio.
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