Salvini guarda al Friuli: modello del centrodestra

UDINE. Il dubbio – politico e non amletico – è che quella “vecchia volpe” di Silvio Berlusconi ci abbia preso ancora quando, a pochi giorni dal voto, in un’intervista al Messaggero Veneto disse di guardare al Fvg come a «un laboratorio per la riscossa del centrodestra».
I risultati della tornata elettorale a Trieste e Pordenone, d’altronde, sono chiari ed evidenziano che se il blocco conservatore si presenta unito è in grado, e da noi con maggiore efficacia rispetto ad altre zone d’Italia, non soltanto di contenere l’onda pentastellata, ma anche di infliggere sonore sconfitte al centrosinistra.
Il dato più interessante di queste ultime ore, però, è quello legato alle parole di Matteo Salvini visto che il leader del Carroccio si è spostato sulla rotta tracciata dal Cavaliere.
«Il ko di Milano brucia, così come Varese – ha sottolineato –. Nessun alibi: non abbiamo saputo essere abbastanza convincenti. Però, bisogna guardare in periferia. In Friuli abbiamo vinto con il centrodestra sano a Trieste e i tre ballottaggi sono stati tutti vittoriosi. Un chiaro sfratto per Debora Serracchiani».
Non una vera e propria inversione di rotta, ma rispetto a qualche settimana fa, quando il concetto sull’alleanza era tarato sul «patti chiari e amicizia lunga», il tono del segretario nazionale leghista è ben diverso perché nel breve scorrere del tempo tra i giorni prima del ballottaggio e domenica notte, infatti, Salvini ha analizzato i risultati elettorali che per la Lega Nord non sono stati così entusiasmanti.
Al di là di Milano e Varese, infatti, le Amministrative nelle grandi città non hanno premiato i candidati padani “duri e puri” – vedi Lucia Borgonzoni a Bologna – dimostrando che il Carroccio difficilmente riesce a intercettare i voti moderati, quelli del vecchio centro, determinanti per assegnare in Italia una competizione elettorale, a qualsiasi livello sia.
Il Fvg però, in quest’ottica, ha rappresentato un caso unico e separato, con il centrodestra “classico” unito – nonostante le beghe iniziali – che ha travolto il centrosinistra annullando anche qualsiasi rappresentante della stessa area – Rovis e Rosolen a Trieste, Giannelli e Muzzin a Pordenone – esterno allo schema di gioco e desideroso di correre in solitaria.
Merito di candidati forti e credibili, Roberto Dipiazza e Alessandro Ciriani sono diventati l’usato sicuro e vincente, ma anche dell’intelligenza politica dei vertici locali dei partiti. Prendiamo Massimiliano Fedriga, il segretario regionale della Lega.
Una volta capito che un candidato padano non avrebbe sfondato – anche per l’assenza di forti “raccoglitori d’acqua”, annoso problema del Carroccio alle amministrative – nei capoluoghi ha fatto quadrato, prima di altri, sui due nuovi sindaci di Trieste e Pordenone scegliendo anche di sacrificare formalmente la bandierina leghista sui pennacchi dei municipi in nome della vittoria.
O ancora le scelte di Riccardo Riccardi, Giulio Camber e Sandra Savino che sulle Rive hanno imbottito la lista di Forza Italia di una serie di “mister preferenze” in grado di fare schizzare il partito a oltre il 14%. Allo stesso modo, poi, ha premiato la decisione azzurra di convergere – dimenticando gli strali del passato – sul nome di Andrea Delle Vedove al ballottaggio di Cordenons.
E se è vero che una riproposizione di questo asse in tutta Italia non è facile, né scontato, resta il fatto che il centrodestra un modello di gioco valido, tutto made in Fvg, pare averlo finalmente ritrovato: mica poco se pensiamo a come era messo sino a qualche mese fa.
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