Ronchi licenzia il falconiere e torna a usare i cannoni a salve

UDINE. Dopo trent’anni non saranno più i falchi a garantire la sicurezza dei voli da Ronchi dei Legionari scacciando gli uccelli e segnatamente i gabbiani, ma cannoni a salve, ovvero lo stesso metodo sostituito nel 1986 perché non efficace. Questo in sintesi, ecco nel dettaglio la storia.
L’aeroporto di Ronchi dei Legionari fu il primo in Italia e tra i primi nel mondo, nel lontano 1986, a rinverdire una professione ormai estinta da secoli e divenuta attività amatoriale praticata da pochi, irriducibili romantici: la falconeria.
A far volare i suoi Falconi Pellegrini e i suoi Astori nel cielo sopra le piste dello scalo aereo era Aldo Miconi, tarcentino, che può dunque essere considerato il rifondatore a livello professionale di questa attività venatoria dotata di illustri quarti di nobiltà.
Il primo codificatore fu, infatti, Federico Secondo di Svevia, illuminato sovrano definito dai contemporanei “stupor mundi”, autore del celeberrimo “De arte venandi cum avibus”, il manuale illustrato di falconeria più celebre del mondo, ancor oggi ristampato nonostante la sua prima edizione si possa far risalire intorno al 1260.
Aldo Miconi e fino ad oggi (anzi fino a ieri) i suoi figli hanno garantito per trent’anni la sicurezza e la regolarità dei voli dallo scalo di Ronchi scacciando efficacemente con i loro falchi gli stormi di gabbiani che in tutti gli aeroporti costieri costituiscono un rischio di non tenue entità.
Questi uccelli amano radunarsi a centinaia negli spazi aperti come gli aeroporti, dove possono tenere sott’occhio eventuali insidie e spesso usano come posatoio proprio le piste di asfalto, dove, soprattutto con tempo piovoso, trovano abbondante cibo costituito dai lombrichi che escono numerosi dalla terra bagnata per rifugiarsi sul fondo asciutto.
Non sono rari i casi, e le cronache ne hanno ampiamente riferito per eventi accaduti in varie parti del mondo, in cui i gabbiani, levandosi in volo davanti all’aereo, si infilano nei motori con esiti tragici o, nella migliore delle ipotesi, impediscono con la loro presenza decolli ed atterraggi.
Inutile dire che questi eventi, anche se dalla presenza dei pennuti non deriva alcun incidente, costituiscono perdite secche per l’aeroporto e per le compagnie, nonché disagi per i passeggeri.
Tutto questo discorso per riferire che proprio in questi giorni è giunta alla famiglia Miconi la disdetta del contratto che per tanti anni l’Aeroporto regionale aveva regolarmente stipulato per il loro servizio.
A quanto pare le difficoltà economiche avrebbero indotto l’attuale dirigenza a ridurre le spese.
Sempre che, alla fine, le spese vengano effettivamente ridotte, avendo appreso che i falchi, efficacissimi nel tenere lontano dalle piste i gabbiani e tutti gli altri volatili, saranno sostituiti con i cannoni a salve che spareranno ad intervalli predeterminati nell’intento di spaventare i gabbiani e cacciarli via.
Cannoni che dovranno comunque essere acquistati e tenuti in attività.
Con tutto ciò che comporta in termini di ulteriore disturbo sonoro per coloro che abitano nei pressi dell’aeroporto…
Il problema vero sta, però, nel fatto che trent’anni anni or sono fu deciso di ricorrere al falconiere proprio dopo aver mandato al ferrivecchi i cannoni che anche allora erano stati attivati.
Questo perché ci si era resi conto che dopo pochi giorni di botti, i gabbiani si abituavano agli spari e alcuni di essi si appollaiavano perfino sugli impianti durante le salve di “artiglieria”, sicuri che il rumore non avrebbe comportato alcun danno.
Perché dunque ripercorrere ora una strada che già all’epoca si dimostrò inefficace?
E comunque, anche se oggi fossero stati inventati cannoni adatti allo scopo, perché rinunciare ad un servizio che in tre decenni ininterrotti ha dimostrato la sua efficacia assoluta senza alcuna controindicazione?
Difficile dirlo.
Fatto sta che Aldo Miconi e i suoi figli, celebri anche per aver addestrato anni or sono i falconieri dell’aeroporto di New York e di altri scali aerei internazionali, hanno perso il loro lavoro in omaggio ad una “spending review” sulla cui efficacia, sia in termini di spesa che di risultati, attendiamo notizie.
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