Romanello, 10 giorni di speranza

CAMPOFORMIDO. Nulla di nulla: un silenzio assordante sulla Cartiera Verde Romanello a 10 giorni dall’incontro dei creditori per decidere fra concordato liquidatorio e fallimentare.
I sindacati ieri hanno allertato la Regione per avere informazioni circa le intenzioni della cordata toscana, l’unica rimasta a manifestare interesse al riavvio parziale dell’attività. La società Pieretti di Lucca, infatti, aveva promesso un piano industriale, ma nessun documento al momento è pervenuto ai commissari. «Almeno una lettera d’intenti - dice Paolo Morocutti, rappresentante della Cgil, che con il collega Stefano Di Fiore della Cisl da un anno e mezzo segue la vertenza - potrebbe fermare il corso degli eventi e impedire che la fabbrica venga smembrata e venduta a pezzi. Sarebbe la fine».
Dalla nuova amministrazione regionale Serracchiani, che ha preso in mano la delicata situazione immediatamente dopo l’elezione, giungono rassicurazioni: è massimo l’impegno per favorire l’insediamento dell’imprenditore lucchese, interessato tra l’altro ad aprire una piattaforma per la selezione della carta da macero all’interno dello stabilimento di Basaldella e ad avviare una delle due macchine. Ma non ci sono al momento risposte a quella che dai lavoratori stessi, in cigs da molti mesi, considerano l’ultima spiaggia.
Al momento resiste, con il coraggio della disperazione, il presidio per turni a custodia dello stabilimento. Se così non fosse stato, a quest’ora la cartiera sarebbe stata devastata: già all’inizio della serrata si è verificato un furto di rame che ha privato di tutti i cavi i macchinari che meglio funzionavano.
I dipendenti, grati per la solidarietà dimostrata da cittadini e istituzioni in occasione della recente manifestazione che ha visto in scena il Teatro di Eligio (presenti anche i sindaci di Campoformido Zuliani e di Udine Honsell). Nell’occasione, le Rsu hanno stilato un documento, che riassume il calvario della Romanello: dai primi sentori, nel 2011, quando non c’era «nessun investimento, neppure sulla manutenzione dei macchinari ei fornitori che si rifiutavano di consegnare la merce», si legge nella nota. Alla fine del 2011 la proprietà incolpava la Regione di «avercela con noi e non volerci finanziare».
Veniva promesso che tutto sarebbe stato sistemato, ma iniziò l’agonia della cassa integrazione. «È passato più di un anno e siamo ancora qui - sottolinea la Rsu -, in un’altalena di speranza e sconforto. Il presidio: turni giorno e notte, Natale e Pasqua, una cucina arrangiata, un gazebo per proteggerci dal freddo. Abbiamo avuto la solidarietà di molti: chi ci ha portato cibo, chi ha garantito l’elettricità. Un’alternativa di lavoro non c’è: sei un numero, con il quale più di qualcuno si sente in diritto di giocare. Ma noi continuiamo a sperare e lottare!».
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