Rocco Tanica: a Udine testeremo col pubblico due canzoni inedite

Una fabbrica d’idee, degli stakanovisti del pensiero. Nulla frena (e perché mai dovrebbe?) il sistema produttivo di Elio e Le Storie Tese, gruppo in costante ebollizione. Tant’è che gli amici sono sul torpedone col muso puntato sull’Italia. Dicesi tour. Udine è sosta prevista per domani. Porte aperte al teatro Nuovo, ventuno canoniche. Organizza Azalea. Grandi onori al Sanremo festivaliero. «Non saprei proprio dire com’è stato - racconta Rocco Tanica, le mani veloci sul pianoforte - chi lo fa solitamente lo vive in fretta. Noi, poi, perdevamo un sacco di tempo al trucco. Giusto l’ora per sbucare sul palco, cantare, uscire, struccarci, ascoltare un paio di colleghi, mangiare, dormire».
- Melodie altrui rimaste nella zucca, Rocco?
«Mah, Silvestri e Gazzè, direi. Non faccio testo, ecco. Troppo concentrati su noi. Immagino succeda ogni anno a chiunque gareggi. Percepisci note che subito passano. Devi stare sul tuo, inutile».
- Arriviamo all’oggi. Conoscendovi, è escluso il concerto canonico. Ora, senza svelare un granché, non vorremmo bruciare sorprese, ma sul palco del Teatrone che razza di show vedremo?
«Non è un gran segreto. Quindi, lo spiattello. Già al debutto di Schio abbiamo adottato una schema, ovvero proporre in anteprima assoluta due brani appena tolti dal forno di casa. Nessuno e ribadisco nessuno - a parte i ragazzi di Schio, ovvio - conosce un tubo delle canzoni. Una s’intitola Il ritmo della sala prove ed è un lucido amarcord di quando ci si rintanava nel garage foderato con le tipiche custodie per le uova (si pensava attutissero il suono, invece solo arricchivano chi le vendeva) e si picchiava duro. Atmosfere paleozoiche. L’altro è Complesso del primo Maggio, dedica al concertone di piazza San Giovanni, un ardito miscuglio di raga salentino e di cantautorale unplugged».
- Se abbiamo ben capito il pubblico sarà sovrano.
«Esatto. Giudicherà la bontà dell’opera sul momento».
- Okey. Certo che ne avete di fantasia. C’è una mente della band, oppure è il collettivo a plasmare ’sta raffica d’idee continue?
«Esiste un metodo stabilito: il metodo non esiste. Ognuno ha la facoltà di sparare le più ignobili boiate. A quel punto facciamo una riunione e valutiamo la consistenza della boiata o della genialata, a seconda del livello raggiunto in una scala logica. Alle parole risponde immediatamente la musica. Non si butta via alcunché. Anche dall’impulso, all’apparenza più insignificante, può nascere un sentimento».
- Vi si vede di frequente spottanti in tv. Roba tipo Cynar. Qual è l’aggancio? Immaginiamo che il cliente chieda espressamente il volto per vendere il prodotto?
«Infatti è così. Ci hanno invitato di mantenere in equilibrio due elementi: l’espressione artistica e l’esigenza di comunicare. Poi ampia libertà di manovra sempre sotto lo sguardo del committente. Un marchio legato mani e piedi al grande Calindri, e chi se l’è dimenticato quel “contro il logorio della vita moderna?”. Ci siamo divertiti a rappresentare al meglio la tradizione nella modernità».
- Che tipo di capo è Elio? In qualità di fondatore lo dovrebbe essere, no?
«È uno dalla leadership innata. Il comandante vero non dovrebbe mai far valere il suo grado, nel senso di spocchia o di supremazia buttata in faccia. Sarebbe un pessimo capo. Elio è carismatico e ti va di seguirlo perché ci credi. Se io dico A e lui B sventolo orgoglioso il mio A, ma tengo pure presente il suo B».
- Rocco Tanica e il Friuli?
«Mia mamma è di Mezzomonte di Polcenigo. Più legame di così. Adoro quei posti. Pur milanese, li cerco sempre»,
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto