Rischio zona arancione, in arrivo nuova ordinanza in Fvg, Veneto ed Emilia. Stop agli assembramenti, cosa hanno deciso i governatori

UDINE. Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna lavorano alacremente e all’unisono per arrivare alla definizione di un’ordinanza comune – da emanarsi forse già mercoledì, 11 novembre, – tra le tre Regioni che consenta di provare a contenere l’andamento della curva epidemiologica nei rispettivi territori e, soprattutto, cerchi di salvaguardare quella zona gialla di rischio – intesa come area a minor pericolo – messa nel mirino dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
Andiamo con ordine e partiamo dalle dichiarazioni del numero uno dell’Iss, Silvio Brusaferro, che ha spiegato nitidamente come «sulla base dell’ultimo monitoraggio, ci sono quattro regioni che si muovono verso un rischio alto e nelle quali è opportuno anticipare misure più restrittive». Il presidente fa riferimento alla Campania, ma anche al Friuli Venezia Giulia, all’Emilia-Romagna e al Veneto, cioè a territori che hanno un Rt alto, superiore a 1,5 – il nostro è pari a 1,6 –, ma ancora in zona gialla grazie all’altro fattore che viene tenuto in considerazione per decidere la fascia delle regioni e cioè il rischio che – attualmente – resta moderato.
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Da qui, quindi, è partito un ragionamento sull’asse dei governatori con Massimiliano Fedriga, Luca Zaia e Stefano Bonaccini che si sono interfacciati per capire come intervenire, in maniera simile, per ridurre il fattore di contagio. Non soltanto, però, perché in Friuli Venezia Giulia sul tavolo di Fedriga e di Riccardo Riccardi è stato depositato il report quotidiano dei contagi che testimonia un deciso abbassamento del tasso di positività – 7,43% – sia rispetto alla giornata di lunedì sia rispetto alla tendenza dell’ultima settimana in cui, in sei casi su sette, questo rapporto ha sempre superato il 10%. Ora, se è vero che un dato singolo non può certamente fare Cassazione, è evidente che, comunque, regala almeno una boccata d’ossigeno e la speranza – perché tale resta al momento – che l’andamento della curva dei contagi si stia abbassando, dopo i picchi delle scorse settimane.
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Al di là degli aspetti futuri, e difficilmente ipotizzabili a tavolino, in ogni caso, resta il fatto che l’obiettivo dei governatori è quello di salvare le zone gialle che consentono una serie di libertà decisamente maggiori rispetto alle aree arancioni e rosse. L’intenzione, pertanto, è intervenire in maniera secca soprattutto limitando le attività dove è maggiore il rischio di assembramenti.
Siamo chiari, le immagini delle piazze e delle vie prese d’assalto dai cittadini lo scorso fine settimana – fino alle 18 – non sono piaciute ai presidenti che lavorano, appunto, per evitare che certe scene si ripetano. La prima ipotesi, poi tramontata in serata, è stata quella di una chiusura anticipata di bar e attività simili. Una strada, immaginata in un primo momento, per ridurre le ore di presenza delle persone nei locali intervenendo, tra l’altro, in quei settori aziendali che potranno accedere, in base ai codici Ateco, ai ristori nazionali e, come nel caso del Friuli Venezia Giulia, locali cercando (qui i bonus locali), quindi, di non penalizzare in maniera eccessiva le entrate dei locali.
Allo stesso tempo, inoltre, si pensa a una stretta decisa delle zone della città dove, normalmente, si ritrovano maggiormente le persone, impedendone l’accesso – in accordo con i sindaci – contingentandolo oppure limitandolo a livello di orari. Un esempio? Il più classico per la movida è via Torino a Trieste, mentre su Udine e Pordenone quasi sicuramente si valuteranno gli interventi specifici assieme ai rispettivi primi cittadini.
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