Rinforzi dall’Argentina negli ospedali friulani grazie ai figli degli emigranti
Puntano a ritornare nella loro terra d’origine: 5 potrebbero già diventare operativi nei pronto soccorso

Dalla terra in cui i loro nonni e bisnonni erano emigrati - e in cui loro hanno studiato e si sono formati - alla terra d’origine dove tornare da medici.
Almeno in cinque dall’Argentina sarebbero già pronti a partire per entrare a far parte del personale degli ospedali dell’AsuFc.
Hanno conseguito la laurea in medicina e una delibera di giunta del Fvg sancisce che è ammesso ai cittadini non appartenenti all’Unione europea svolgere l’esercizio temporaneo, nel territorio nazionale, delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario nel rispetto di alcuni determinati requisiti (essere titolare di un permesso di soggiorno che consenta di svolgere attività lavorativa, titolo di studio in un paese non appartenente all’Unione europea, con traduzione in italiano, iscrizione a un ordine o albo professionale del paese di provenienza con traduzione in italiano, dichiarazione rilasciata dall’autorità diplomatica o consolare italiana presente nello Stato dove è stato rilasciato il titolo, finalizzata a verificare che il titolo soddisfi le direttive Ue).
Per rendere effettivo questo progetto di collaborazione sono al lavoro il professore Franco Grossi (quale delegato dell’Universidad Nacional del Nordeste a Corrientes) e padre Carlo Serpelloni dei Servi di Maria, per 30 anni in Argentina.
Un progetto, questo, che nasce da tre presupposti principali: la mancanza di medici in Fvg, la grande emigrazione friulana in Argentina e il desiderio di molti nipoti e pronipoti di friulani emigrati di rientrare in Friuli a causa del collasso economico del Paese.
«Nell’ottica di sopperire alla grande carenza di medici da parte del servizio sanitario nazionale italiano – riferisce Grossi – abbiamo cercato di favorire l’immigrazione di ritorno dall’Argentina al nostro Paese, di studenti dell’ultimo anno di medicina, provenienti da famiglie originarie del Nord Est Italia.
E così siamo partiti dall’accordo sottoscritto con l’ospedale universitario di Trieste, che ha firmato la convenzione riguardante l’accoglimento di tirocinanti laureandi, con la Facoltà di Medicina della Universidad Nacional del Nordeste in Argentina».
Un’operazione, dunque, di immigrazione di ritorno «resa possibile – prosegue Grossi – grazie ai frati dell’Ordine dei Servi di Maria i quali, proprio nel Nord Est dell’Argentina, gestiscono parrocchie e scuole private paritarie e che sono, quindi, a stretto contatto con la popolazione locale e consci che questo Paese, sta per giungere al collasso economico».
Così si è partiti con i tirocini. Già nei primi giorni di settembre 2021, alcuni studenti argentini, di origine italiana, dell’ultimo anno di medicina hanno iniziato il loro percorso formativo all’ospedale universitario di Trieste. L’obiettivo, ora, è quello di fare il passo successivo.
«Si potrebbe assumere, con contratto a tempo determinato, medici argentini di origine friulana e giuliana – afferma –: almeno in cinque, si sono dichiarati propensi ad operare in regione e potrebbero diventare immediatamente operativi, penso sopratutto nel pronto soccorso dell’ospedale di Udine».
Attraverso questa operazione di rientro in Italia di discendenti di emigrati italiani, dunque, «si andrebbero a compendiare due necessità: garantire agli studenti argentini una speranza per il loro futuro e rimpolpare il numero di medici italiani, dei quali c’è estrema necessità. Purtroppo siamo bloccati dalle lunghe tempistiche dei Consolati, il nostro appello è che si possano velocizzare per poter consentire l’arrivo dei nuovi medici in Friuli» dichiara il professore.
«Nel corso del 2023 inizieranno gli arrivi dei tirocinanti anche all’Università di Udine, grazie alla collaborazione con il professore Leonardo Sechi – riferisce Grossi –. Come mi ha confermato, l’Azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale intende aprire un avviso pubblico volto a individuare dei professionisti da adibire ai pronti soccorsi aziendali, prevedendo la possibilità che anche i cittadini non appartenenti all’Ue possano partecipare, qualora in possesso dei suddetti requisiti per poter esercitare in Italia, che gli uffici dovranno verificare prima di conferire l’eventuale incarico».
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