Rigettato il ricorso sul sequestro di casa Minighin

Dopo il tribunale del Riesame di Pordenone, anche la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da Massimo Minighin, 42 anni, informatico residente a Fossalta di Portogruaro, ritenuto dalla Procura il creatore del sito web di Venice investment per conto di Fabio Gaiatto (il trader portogruarese accusato, assieme ad altri dodici imputati, di una maxitruffa da 26,8 milioni ai danni di risparmiatori inconsapevoli), in merito al sequestro della sua casa delle vacanze in borgo Muhlbach a Sappada. Un bel punto a favore degli inquirenti, e un filo di speranza in più per gli investitori che nella vicenda hanno perso i risparmi di una vita. Minighin è fra i tredici imputati della maxitruffa Venice.
L’immobile, del valore di 242 mila euro, era stato sottoposto a sequestro preventivo dalla Guardia di finanza: sarebbe stato acquistato con parte dei 600 mila euro ricevuti da Gaiatto come compenso per la creazione del sito web di Venice. La difesa invece ha sempre replicato che la casa fu acquistata con i proventi di un’operazione di compravendita immobiliare e che Minighin in realtà non è stato ancora pagato da Venice per la realizzazione del sito internet. «Quell’appartamento – aveva sottolineato l’avvocato Cristiano Leone – fu acquistato con gli introiti di un altro affare, relativo a una compravendita immobiliare in Toscana, come del resto aveva confermato lo stesso Gaiatto». Su queste basi era stata depositata l’istanza di dissequestro al Riesame, che l’aveva dichiarato inammissibile ribadendo la convinzione che l’immobile, acquistato nel settembre 2017 e ristrutturato con una spesa di circa 80 mila euro l’anno scorso, fosse stato comprato con proventi illeciti. Anche la Suprema corte, dunque, ha confermato che i sigilli rimarranno intatti.
La Procura ritiene che l’informatico abbia realizzato e gestito il sito di Venice, provvedendo ad aggiornarlo, e che abbia ricevuto 600 mila euro come compenso (50 mila euro secondo la difesa). Secondo l’avvocato Leone i soldi ricevuti da Gaiatto non erano in correlazione con la manutenzione della piattaforma internet, bensì ma con il citato affare immobiliare in Toscana, poi sfumato.–
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