Rifiuti tra le lapidi delle vittime del Vajont

ERTO E CASSO. Immondizie di ogni genere. Sacchetti sparpagliati qua e là, con gli animali selvatici che li rompono alla ricerca di cibo. E persino pezzi di mobili e un lavandino integrale con tanto di rubinetteria.
E, come se non bastasse, anche lo sfregio delle vittime del disastro del 9 ottobre 1963, con le immondizie gettate tra le lapidi che la gente ha realizzato per ricordare i parenti travolti dall’onda.
Lungo le scarpate dell’ex statale 251 della Valcellina-Val di Zoldo – ora di competenza della Regione –, che costeggiano la zona della diga del Vajont, si trova di tutto. Compresi oggetti molto ingombranti di cui qualcuno si è sbarazzato usando un furgone.
Complice il continuo via vai di turisti, la strada che dalla località Spesse sale alle diga è un’autentica discarica a cielo aperto. Sono decine i punti sporcati da lattine, bottiglie e ogni altro tipo di scarto.
I pendii impervi che costeggiano la 251 presentano anche cumuli di inerti, ante di armadietti e sacchi neri ben sigillati al cui interno nessuno sa cosa vi sia.
Altre buste della spesa sono state invece rotte dagli animali del bosco perché probabilmente contenevano residui alimentari: il risultato è stato quello di diffondere tutt’attorno scarti e frammenti.
Poco prima del capitello di Le Spesse, inoltre, una mano ignota ha gettato tra gli alberi della cunetta laterale un lavello in ceramica.
In direzione della frana del monte Toc la situazione si fa ancora più discutibile, visto che al di sotto della carreggiata sorgevano delle case, distrutte dall’onda del 9 ottobre 1963. Così che, lanciati dai veicoli in corsa, i rifiuti sono finiti in mezzo alle lapidi realizzate dai familiari dei dispersi nella tragedia.
Il sito fa parte del Parco naturale delle Dolomiti friulane oltre che ricadere nei vincoli dell’Unesco: ecco perché più di qualche escursionista ha segnalato la necessità di ripulire la 251, attualmente soggetta alla competenza della Regione.
Quello che al momento viene offerto ai turisti del Vajont non appare infatti come un bel biglietto da visita.
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