Rifiuti alla Cementizillo, sentenza in arrivo
MANIAGO. È attesa per dicembre la sentenza del Consiglio di Stato che autorizzerà o meno la Cementizillo di Padova a bruciare rifiuti nel proprio stabilimento di Maniago. Inizialmente annunciata per lo scorso febbraio, la decisione dei giudici amministrativi sul ricorso del Comune di Maniago è via via slittata. Ora i legali ipotizzano la pubblicazione della sentenza per fine anno, anche se al momento non vi sono date precise. Fatto sta che nel Mandamento si è riaccesa la polemica. Il clima di attesa che si vive è accentuato da una novità che potrebbe rendere ancora meno semplice la convivenza tra il cementificio e la comunità: qualche giorno fa la Zillo ha infatti chiesto alla Provincia di Padova e alla Regione Veneto il nulla osta a usare rifiuti nello stabilimento di Monselice. Da allora in tutta la Bassa Padovana è un susseguirsi di cortei, proteste e manifestazioni popolari. La cittadina veneta è tappezzata di lenzuola e tovaglie con scritte spray che contestano il progetto. Alcuni rappresentanti dei comitati padovani si stanno già attivando con quelli operativi da almeno 15 anni tra Maniago e Fanna. È da almeno il 2001 che si discute di sostituire il carbon coke con i derivati delle immondizie nell’altoforno di Fanna. A questo punto è probabile che i gruppi di protesta maniaghesi siano presenti alla mobilitazione di massa organizzata per il 15 ottobre a Monselice.
Il Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi proprio sulla possibilità per la Zillo di adottare un simile combustibile senza preventivamente interpellare i Comuni confinanti. Le autorizzazioni regionali sono state rilasciate consultando solo l’amministrazione di Fanna, d’accordo con l’azienda padovana sull’uso del css (una miscela di plastiche, gomme e carta prodotta dalla lavorazione dei rifiuti industriali e urbani).
Maniago, Cavasso Nuovo e Vajont non ci stanno e hanno sollecitato il Tar a far ripartire da zero l’iter. I fumi dello stabilimento, a detta dei territori confinanti, ricadrebbero a chilometri di distanza e ciò imporrebbe una convocazione allargata della conferenza dei servizi. Bocciata dal Tar, questa teoria è ora al vaglio dei giudici e a breve finirà all’attenzione della Commissione europea e della Corte dei diritti dell’uomo. Intanto cresce la pressione sulla proprietà perché rinunci al piano di investimento, soprattutto dopo che la crisi dell’edilizia ha ridotto al lumicino il fabbisogno nazionale di cemento.
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