Restaura l’antica turbina della centrale di Torre

Affascinato da bambino dal rumore che provocava, Nereo Babuin l’ha sistemata Dopo la dismissione, il reperto è stato collocato nel giardino della sua abitazione

Il rombo cupo non l’ha più dimenticato. Lo sentiva da bambino, quando andava alla scuola elementare, passando davanti alla centrale idroelettrica di Torre con la cartella in mano. Un rumore impossibile da scordare, rimasto nella sua memoria. Tanto che oggi Nereo Babuin, a molti anni di distanza dai giorni in cui sedeva sui banchi di scuola, ha deciso di restaurare e collocare nel suo giardino proprio la turbina della centrale, che provocava il rombo cupo, sentito da fanciullo. Adesso, nella sua casa di Cordenons, è come se ci fosse un piccolo monumento. In un angolo del prato c’è la vecchia turbina, a forma di elica, che una volta era immersa nell’acqua del canale. La corrente la faceva girare, producendo il rombo cupo, che Babuin sentiva andando a scuola.

Realizzata nel 1943, la turbina azionava gli alternatori, producendo l’energia elettrica per il cotonificio di Torre. Il manufatto era collocato ad una certa profondità, con la cuspide rivolta verso il basso. Oggi la turbina campeggia come un autentico pezzo da museo nel giardino di Babuin, circondata da una siepe. «Da bambino mi sono sempre chiesto da dove venisse il rumore – ha raccontato - erano altri tempi. Passavano poche automobili. Il brusio che veniva da sotto la centrale lo distinguevo nettamente e ha stimolato la mia curiosità. Oggi ho deciso di portare a casa mia la turbina che lo produceva».

Da poco la centrale è stata ammodernata. La vecchia turbina è stata dismessa. «Per ristrutturarla – ha detto Babuin – ho impiegato un paio di mesi». Un lavoro delicato e meticoloso, soprattutto perché la turbina è stata collocata su un basamento appropriato e circondata da una antica ringhiera in ferro battuto, risalente al 1843. D’altra parte, dopo anni di onorato servizio, l’antico manufatto merita di essere trattato con riguardo. Un tempo era posto all’interno degli stabilimenti tessili. Successivamente fu portato all’esterno, per sfruttare meglio la corrente del canale. Particolare la struttura del manufatto. Oggi è visibile con la cuspide rivolta al cielo e si possono notare bene le ali dell’elica, utili a sfruttare la forza di una corrente lenta ma continua e non rapida e improvvisa, come potrebbe essere quella che scorre nelle condutture delle centrali idroelettriche di montagna. «Si tratta di un pezzo che può essere considerato di archeologia industriale – ha detto Babuin – si può notare come la ghisa di cui è composta sia stata corrosa, perché è sempre stata in acqua». Oggi sono soddisfatto – ha aggiunto Babuin – di aver contribuito a salvaguardare un pezzo di storia della città». La sua passione, nata dalla volontà di conservare le tracce più significative del passato, è legata anche all’acqua e Babuin deve averla trasmessa al figlio Marco, fregiatosi di numerosi titoli italiani di canoa.

Alessandro Sellan

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