Remo, uno degli ultimi sacristi stipendiati «Servo Dio, il prete e il popolo: ecco come»

Apre e chiude le chiese, predispone ciò che è necessario per i riti, se necessario canta. E cura una famiglia numerosa 

LA STORIA



Si contano sulle dita di una mano gli “addetti al culto” professionisti, nella diocesi di Concordia Pordenone. Aprono e chiudono le chiese, preparano le cerimonie, puliscono, eseguono la manutenzione, a volte pure cantano e animano le messe prive di coro. Hanno un giorno di riposo – ovviamente non la domenica – e sono stipendiati con tredicesima e quattordicesima, regolati da contratto nazionale.

Presidente per cinque anni dell’Unione diocesana addetti al culto è Remo Pellegrinuzzi, che ha ripreso in mano le redini del sodalizio dopo un decennio “dietro le quinte” per tirar su famiglia; vicepresidente è il diacono Pierluigi Pasqual, segretario Dino Giacomelli, consiglieri Giuliano Babuin e Andrea Vinante; assistente spiriturale è don Narciso Truccolo.

Originario della Val Tramontina, 46 anni, Remo Pellegrinuzzi presta servizio nella parrocchia di San Mauro a Maniago. «Ero sacrista già a 11-12 anni, al mio paese, Inglagna: don Narciso Luvisetto, che risiedeva a Chievolis, mi aveva affidato le chiavi della chiesa, che aprivo al mattino e chiudevo la sera».

Poi si è trasferito a Maniago.

«Mi dispiacque lasciare la parrocchia che frequentavo e dove avevo fatto il chierichetto. A Maniago cominciai dando una mano al sacrista di allora, Angelo Dozzi, sostituendolo quando era in ferie o aveva il giorno di riposo, o nelle “feste grandi”, Natale, Pasqua, 8 settembre».

Quando è avvenuto l’avvicendamento?

«Dai 16 anni andai a lavorare nelle coltellerie, poi il servizio militare. Quando Angelo andò in pensione, diedi al parroco monsignor Sergio Giavedon la disponibilità. Si consultò e mi assunse: era il 16 settembre 1996».

Qual è la giornata tipo?

«Apertura del duomo e della chiesa dell’Immacolata, detta della Madonna, alle 6.45. Alle 10, in questa e il lunedì, c’è la messa: quindi va preparata. La bellezza di questo lavoro? Che posso giostrarmi, e quindi, prima, vado a portare e prendere a scuola i nostri cinque figli. Dopo la messa, controllo e sistemo i lumini (lunedì, giorno di mercato, la chiesetta è molto frequentata), alle 12 chiudo le chiese. Riapro alle 14.30 in inverno, alle 15 in estate. Alla sera, chiusura chiese».

Tutto qui?

«No, certo. Cerco di tenere curate le chiese: poi, il parroco mi dice cosa fare. Le pulizie: passo con l’aspirapolvere, poi tre gruppi di donne, a turno, passano con l’acqua».

Gli “straordinari”?

«I funerali, ad esempio: occorre venire prima a preparare, a suonare le campane, a servire messa, se non ci sono chierichetti, canto se c’è la necessità. Ho due collaboratori molto bravi che mi aiutano nelle feste grandi, come la settimana santa, e nei giorni di riposo. CI sono le donne addette ai fiori così come quelle agli altari e alla cura dei paramenti».

E la domenica?

«Sveglia alle 5.30 e apertura delle chiese. Canto alla messa delle 7.30, quella delle 9 è animata dai giovani, animo quella delle 11 salvo nelle solennità, quando c’è la Corale Maniaghese. Pausa, vespri alle 15 (in quaresima), alle 18.30 l’ultima messa. Qualche signora mi aiuta a togliere i foglietti e a sistemare le sedie».

Niente domenica in famiglia?

«Ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie a un pellegrinaggio per sacristi a Barbana: dava una mano al vecchio sacrestano in Cattedrale, a Concordia, quindi sa che cosa vuol dire. A ottobre sono 14 anni che siamo sposati».

Giorno libero?

«Mercoledì. Poi ci sono le ferie, concordate con il parroco don Paolo Zovatto. Il rapporto di lavoro è regolato dal contratto della Federazione italiana addetti al culto: spesso ci si affida al buonsenso e al buon rapporto con il sacerdote che deve avere la massima fiducia nel sacrista. Occorre avere una buona condotta di vita, saper accogliere le persone ed essere discreti».

Ha una divisa?

«C’è chi mette il camice, chi la cotta. Io giacca e pantaloni».

Ma quanti siete?

«Una ventina, in diocesi, 4-5 stipendiati. Una volta l’anno si partecipa ad un pellegrinaggio, in quaresima e avvento il nostro assistente guida delle meditazioni».

Lo considera un lavoro?

«Qualcosa di più. Servo Dio, il sacerdote e la comunità. Con fede». —



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