«Recuperiamo l’identità coi musei civici»

PORDENONE. Gilberto Ganzer è considerato uno dei maggiori esperti della storia dell’arte del Friuli Venezia Giulia. Capace, per la sua profonda conoscenza, di descriverne le vicende con una dialettica avvincente e appassionata da elegante e colto cantore.
Autore di diversi saggi prestigiosi, già direttore dei civici musei di Pordenone, ha curato diverse importanti mostre in regione. Ora ha deciso di parlare col Messaggero Veneto della sua esperienza e della sua nuova fase di vita. Abbiamo raccolto il suo pensiero per temi.
Il Friuli Venezia Giulia e l’arte.
Il Friuli ha espresso in arte molto di più di quanto ai friulani, in realtà, è stato fatto conoscere. Si tratta di un territorio storicamente di confine. Esso ha avuto per secoli una classe dirigente con un piede nell’Impero Asburgico e un piede nella capitale, Venezia, ed era quindi un luogo dove si concertavano importanti informazioni. Basti pensare ai Porcia, ai Colloredo, ai Savorgnan.
Questa è stata l’identità di un nucleo che ha guidato le vicende storiche del territorio friulano, dove queste coo-presenze ne costituivano un tratto originale. Proprio per questo i musei della Regione hanno una funzione fondamentale assieme alle biblioteche e agli archivi per dare un senso identitario ai propri cittadini. Un senso identitario che non è provincialismo ma consapevolezza.
L’arte nella nostra regione.
Ne sappiamo meno di quanto in realtà esista perché è stata previlegiata una facile storia da cliché che ha dimenticato e fatto dimenticare la vera identità. Oggi si studiano i caratteri dei paesi lontani spacciando questa preferenza per doverosa globalizzazione dimenticando un percorso culturale di fondante importanza.
Proprio per questo il museo deve diventare luogo di riappropriazione non solo artistica, ma anche luogo dove queste opere parlano e soprattutto, ci parlano di una “summa” fatta delle conoscenze, dei confronti, degli incontri (e scontri) culturali che le hanno prodotte, ridisegnando così una pagina di storia e di conoscenza del territorio.
Il significato delle opere d’arte.
Un’opera d’arte ci parla di tante cose, aldilà degli aspetti formali. Per conoscere il percorso di un artista ad esempio, si devono studiare le contingenze storiche che l’hanno formato e informato.
La storia è uno strumento fondamentale per la storia dell’arte, della letteratura, della musica e della cultura in genere oltre che a essere un mezzo rivoluzionario, come diceva Pasolini, per i confronti che si possono fare tra l’oggi e il passato di cui siamo figli e del quale portiamo le stimmate.
Proprio per questo, alcuni nostri “maggiori” hanno quasi deciso di abolirne l’insegnamento di immiserire quello della storia dell’arte. Questo avviene in un paese, dove si continua a sciacquarsi la bocca sull’enorme patrimonio artistico che conserva.
Il ruolo dei musei civici.
I musei civici nel territorio devono essere un elemento fondante per il recupero di un’identità e della propria conoscenza se ci si vuole confrontare con la giusta apertura verso il complesso mondo che ci si prospetta.
Un confronto fatto né di particolarismi né d’invenzioni semi carnevalesche per recuperare identità artefatte, ma la giusta riflessione per conoscere se stessi e proporsi così, consapevoli in qualsiasi nuova realtà.
La realtà del museo civico di Pordenone.
Nel tempo, nel museo di Pordenone, si sono previlegiate alcune ricerche e mostre dove la valenza storica si rifletteva su quella artistica o artigianale con risultati spesso sorprendenti. Pensiamo alla mostra dedicata ad Andrea Galvani che ha restituito a questa grande figura, l’operatività non solo proto - industriale ma anche sperimentale e artistica.
L’identità territoriale legata alla scultura lignea, il momento rinascimentale con il Pordenone e quello ottocentesco del Grigoletti hanno assicurato al museo non solo veri e propri capolavori ma delle pagine spesso insondate di momenti storici fondamentali per la città e il suo territorio.

Sono grato ai donatori per i capi d’opera di scultura lignea acquisiti e donati, al capolavoro del Grigoletti raffigurante la famiglia Busetto Petich o alla sagoma del Pordenone rimasta di collezione privata e ora al museo, frutto di quelle interrelazioni che una direzione museale deve avere per una più vasta conoscenza e un confronto informativo sul collezionismo e sulle raccolte d’arte non solo pubbliche.
Il museo deve essere il luogo, dove tutte queste possibilità possono incontrarsi, siano legate alle relazioni con altri musei, artisti, studiosi. Esso deve essere palestra di confronti con i giovani dando opportunità di incontrare figure utili alla loro crescita umana, culturale e professionale.
Pordenone nel tempo.
Da 1981, Ganzer ha diretto il museo civico d’arte di Pordenone e dal 1999 i musei civici attraversando diversi momenti della crescita culturale della città.
«Conservo un bel ricordo di Sergio Bolzonello, allora sindaco di Pordenone, che pubblicamente in un discorso, espresse ammirazione per la mia costanza e pazienza nel perseguire gli obiettivi riferendosi alla mostra dedicata a Bertoja rincorsa per diversi anni. L’ho trovato davvero importante e ne conservo un bel ricordo. In realtà, sono stato testimone in questa città, di un grande processo di crescita nel campo della cultura i cui effetti hanno garantito una notevole autorevolezza prima con le Giornate del cinema muto poi, con Pordenonelegge e altre manifestazioni fra le quali ricordo le iniziative della galleria d’arte moderna. In particolare, mi riferisco ad esempio, alla mostra dedicata a Cagli o a Bertoja. In questa direzione si dovrebbe proseguire, valorizzando figure legate al territorio, un filone che permette di ricostruire non solo un tassello di storia dell’arte ma più in generale, di storia e di cultura italiana».
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