Quei viaggi in Europa tra i grandissimi del basket

Il friulano Rino Bruni racconta la stagione eroica nelle coppe europee «A Belgrado giocammo al cospetto di “Kica”, a tel Aviv in spiaggia in febbraio»

«Quella della Korac fu una stagione indimenticabile. L’occasione per viaggiare, visitare città come Belgrado e Tel Aviv, ma lo spirito non era soltanto quello di partecipare e fare i turisti. Abbiamo potuto respirare l’aria delle grandi sfide europee, affrontare campioni come Kicanovic e ci siamo pure tolti qualche soddisfazione vincendo quattro partite».

A 35 anni di distanza dalle scorribande continentali della Pagnossin, è Rino Bruni ad aprire l’album dei ricordi, tornando a quei mesi a cavallo tra il 1978 e il 1999 che videro i goriziani affrontare i belgi del Verviers-Pepinster nel turno preliminare e nel successivo girone a quattro gli israeliani dell’Hapoel Haifa, i francesi dell’Olympique Antibes e soprattutto il Partizan che poi avrebbe vinto la coppa e che in quegli anni era una delle più forti squadre al di fuori dell’Nba con i mostri sacri Dragan Kicanovic e Praja Dalipagic. Peraltro nelle due sfide contro i belgradesi ai ragazzi di McGregor fu risparmiato l’impatto del devastante duo Kica-Praja: Dalipagic saltò quasi integralmente quella stagione per gli obblighi del servizio militare ai quali all’epoca non poteva sottrarsi nemmeno un campionissimo dello sport slavo come il fuoriclasse di Mostar che nel gennaio del ’79 era stato eletto per il secondo anno consecutivo miglior giocatore europeo dal mensile “Giganti del basket”.

«Anche senza Praja il Partizan era una corazzata e infatti perdemmo sia a Gorizia che a Belgrado ma furono partite vere in cui ce la giocammo pur dovendo affrontare una squadra di un’altra categoria - sottolinea Bruni, ottavo marcatore della storia della Pallacanestro Gorizia con 1.525 punti in 136 presenze -. Per noi affrontare un supercampione come Kica era già una grande motivo di orgoglio e uno stimolo fortissimo a provare a superarci. E poi, c’era il fascino di giocare in palazzetti dall’atmosfera incandescente come quello di Belgrado nel quale per anni sono state scritte pagine di storia della pallacanestro europea. Ci fu una grande atmosfera anche nel turno casalingo contro il Partizan, con il palasport di via delle Grappate stracolmo. In quelle sfide si esaltava in particolare Premier, all’epoca giovanissimo ma si vedeva che sarebbe diventato un protagonista del basket europeo come ha dimostrato poi a Milano. Era un ragazzo buono e sensibile ma sul campo diventava una belva. Ricordo anche un ottimo Pondexter, spesso oltre quota 30 nelle serate di coppa».

«Un’altra trasferta da ricordare fu Tel Aviv – continua Rino -. L’Hapoel giocava nel palazzone che di solito ospitava le partite casalinghe del Maccabi, una delle più prestigiose squadre d’Europa che una stagione prima aveva vinto la Coppa dei Campioni. Giocammo benissimo e vincemmo (112 a 102 ndr), ma ricordo bene quella trasferta anche perché ne approfittammo per fare i turisti e goderci il caldo clima mediorientale: era possibile starsene a prendere il sole in riva al mare, in pieno febbraio. Altri viaggi interessanti furono in Belgio e in Francia ad Antibes, dove venne a vederci John Garrett». Quell’anno Garrett si era trasferito oltralpe dopo aver segnato 2.695 punti con la Pallacanestro Gorizia nell’arco di tre stagioni. «Al di là del fascino dell’esperienza da “globetrotter” quelle partite sono state davvero preziose – ricorda Bruni -. Ci hanno permesso di uscire dai confini della pallacanestro italiana, di misurarci con realtà tecniche diverse. Una novità anche per me che pure avevo partecipato agli europei juniores in Spagna nel ’68 dove arrivammo terzi, con Meneghin e Bariviera, e ai mondiali militari in Iran».

Piero Tallandini

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