Quei nomi dimenticati o sbagliati Turoldo, Fabro e Riccardo Giusto

Continua la passeggiata in città alla scoperta delle mancanze e dei misteri della toponomastica Un affresco in cui emergono anche curiosità: un’area dedicata a Johnson, ma non a Hemingway 

il viaggio

Paolo Medeossi

Perché Udine non ha mai dedicato una via o una piazza a Marco Polo, cognome che tra l’altro evoca riferimenti carnici (basta leggere il romanzo dedicatogli da Igino Piutti)? Mah, chissà perché. E come mai non c’è un modo di ricordare Luciano Fabro? Interrogativi sollevati in questi giorni da alcuni nostri lettori dopo un recente articolo su segreti e misteri della toponomastica, ovvero quell’arte (chiamiamola proprio così) a cui spetta di dare il nome ai luoghi cittadini, che è un po’ come scegliere il nome dei figli. Nel caso di Polo sappiamo più o meno tutti chi era, ma forse è il caso di precisare chi è stato Luciano Fabro, nato a Torino da famiglia friulana, morto nel 2007 e sepolto a Treppo Grande.

Tra i fondatori dell’arte povera, accanto a Lucio Fontana e a Pietro Manzoni, è ritenuto uno dei principali scultori del Novecento, al punto che Londra se ne è accorta alla grande perché, alla Tate Gallery, la prestigiosa istituzione sul Tamigi, hanno creato una enorme parete con i nomi dei principali artisti dello scorso secolo. Due soli quelli provenienti dalla nostra regione. Uno è Fabro e l’altra è Tina Modotti, la fotografa di Pracchiuso alla quale Udine ha dedicato una laterale di via Colugna e l’ex Mercato del pesce.

Le stranezze della toponomastica non finiscono qui, tra dimenticanze, sottovalutazioni e difficoltà a trovare adesso spazi adeguati per ricordare personalità di rilievo. Si potrebbe scrivere al riguardo un romanzo, facciamo solo alcuni esempi. Tra i grandi dimenticati c’è padre David Maria Turoldo, morto nel 1992 e che a inizio anni Sessanta visse pure tra i Servi di Maria, nella basilica delle Grazie. Il suo volto scolpito dallo scultore Patat appare nell’area verde vicino alla roggia, ma per il resto nulla a Udine, e c’è da chiedersi il motivo.

Molto trascurate pure le donne in generale perché, su un migliaio tra strade e piazze, trovano spazio in una trentina di casi, contro i 321 destinati agli uomini. C’è stato un tentativo riparatorio in anni recenti, anche se in situazioni difficili perché lo sviluppo edilizio di Udine è fermo e dunque bisogna rimediare come si può, per esempio con rotatorie e piazzali (come è successo per Gina Marpillero o Margherita Hack) o aree verdi, più o meno po’ plausibili. Basta dare un’occhiata a quella dedicata a Isabella Deganis, pittrice, fondatrice del Dars, alla quale è stata destinata lungo via Cividale, dove c’è il bivio per la Bariglaria, una precaria area verde tra un paio di alberi e di pali della luce.

Sempre lungo via Cividale ci si imbatte poi nel caso più curioso, diciamo anche assurdo, della toponomastica udinese. All’altezza di un semaforo c’è il cartello che indica l’inizio di via Riccardo Di Giusto. Venne intitolata così ancora nel 1933 al ragazzo ventenne di San Gottardo che il 24 maggio 1915 fu il primo caduto italiano nella Grande Guerra. Ma il cognome è sbagliato perché lui si chiamava Riccardo Giusto, come hanno documentato minuziosamente Paolo Strazzolini e Claudio Zanier in un libro pubblicato da Aviani. Lo sbaglio nel cognome derivò da un articolo di cronaca apparso all’epoca in cui si parlava di Riccardo Di Giusto e da allora si andò avanti così, errando. Preso atto di ciò, evidentemente si è cercato di rimediare in qualche modo, per cui sul cartello si trova scritto (testuale): “Via Riccardo Di Giusto, nato Riccardo Giusto (1895-1915)”. Quindi, il povero Riccardo nacque Giusto e morì Di Giusto. Mah.

In questo affresco toponomastico emergono tante storie, come quella di Eyvind Johnson, scrittore svedese certo non notissimo, ma che nel 1974 vinse il Nobel. Perché Udine gli dedicò un’area verde (questa sì dignitosa) lungo viale Ungheria? Basta leggere il romanzo “Il tempo di sua grazia”, ripubblicato ora da Iperborea, dove si parla molto di Friuli e Cividale. Invece non c’è traccia di Ernest Hemingway, premio Nobel nel’54, protagonista di celebri viaggi friulani, soste a Udine comprese. E per finire parliamo di un personaggio sportivo, friulanissimo di Aiello, che tutti conoscono, Enzo Bearzot, il trionfatore nel Mundial spagnolo. Lui ha pure una viuzza a Udine, zona San Domenico, ma rintracciarla è un rebus ed è senza numeri civici. Trovare per crederci! —

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