Quattro autiste di ambulanza, ecco gli “angeli” del soccorso

Cinzia Calligaro, Melinda Picotti, Carla Saccardo e Manuela Zonta sono il fiore all’occhiello della Sogit
Di Maristella Cescutti
Udine 07 Marzo 2016 donne della sogit Petrussi Foto Turco Massimo
Udine 07 Marzo 2016 donne della sogit Petrussi Foto Turco Massimo

Sono un fiore all’occhiello della Sogit le quattro donne – Cinzia Calligaro, Melinda Picotti, Carla Saccardo e Manuela Zonta – autiste di emergenza di ambulanze, che guidano con disinvoltura, sicurezza e massima attenzione. In servizio indossano una divisa di un arancione abbagliante con strisce argento ben visibili anche di notte, ai piedi scarpe antinfortunio con punta metallica.

A “terra” in un attimo di pausa sono vivaci e sorridenti. Ieri è stato difficile incontrarle tutte e quattro in una volta sola. Le chiamate di soccorso non danno tregua e così dopo un breve incontro, via di corsa a bordo della loro seconda casa. Queste donne si trasformano così in angeli del soccorso. Un saluto rapido da dietro al finestrino e via a sirene spiegate. Il 30% del team Sogit sono donne, le uniche in Provincia. In convenzione con l’ospedale civile di Udine, la Sogit mette a disposizione 24 ore al giorno due ambulanze con due equipaggi composti da autista e soccorritore. A bordo anche infermiere e medico dell’Azienda come spiega Maurizio Rinaldi di Sedegliano, presidente Sogit dal 2006. Sono circa 30 i servizi erogati al giorno, complessivamente lavorano 25 dipendenti e 40 volontari.

Cinzia Calligaro, di Buja, ha grinta da vendere. Lei come tutte le sue colleghe ha iniziato questo lavoro da volontaria. La passione, la generosità e la voglia di aiutare il prossimo è alla base del suo operare. Da nove anni è impegnata come soccorritrice e da 5 come autista.

Rivalità con i colleghi maschi ?

«Siamo alla pari, magari un po’ migliori noi – azzarda Cinzia –. Per giungere a questo abbiamo dovuto impegnarci al massimo».

La seconda autista d’emergenza è Mellinda Picotti di Udine «siamo autiste ma soprattutto soccorritrici e quindi – aggiunge – abbiamo una sensibilità diversa avendo famiglia».

C’è differenza con il lavoro dei colleghi maschi?

«Nessuna, con la barella a cucchiaio, per esempio, abbiamo sceso le scale di otto piani con paziente e presidi. Anche per estrarre i feriti dalle vetture incidentate non abbiamo alcun problema. Questo mestiere bisogna farlo con passione».

Cosa si prova a guidare in emergenza?

«Intanto bisogna avere una grande sicurezza, mille occhi, la gente, da noi e in generale in Italia, ancora non è abituata a mettersi da parte quando si avvicina un mezzo di soccorso a sirene spiegate. Noi dobbiamo sempre attenerci al codice della strada, chiediamo il permesso di passare. Prima di tutto, infatti, dobbiamo tutelare la nostra sicurezza e quella del paziente. Auspichiamo maggiore collaborazione da parte di automobilisti, ciclisti e pedoni. Abbiamo una grossa responsabilità, tempi da rispettare, dobbiamo fare la strada più breve e veloce per arrivare sul posto dell’intervento».

C’è stato un momento drammatico nella vostra carriera?

Mellinda Picotti: «Mi è capitato una volta di coinvolgere con l’ambulanza a sirene spiegate un mezzo con una persona che aveva la radio a volume alto e non aveva sentito la sirena. Inoltre, anni fa, siamo andati a soccorrere un ragazzo che era già morto, la mamma ci supplicava di salvarlo».

Cinzia Calligaro: «Una ragazza vittima di un incidente, poco prima di morire mi ha sussurrato “Salvami”. In questi momenti entra in gioco sì la professionalità, ma poi quando finisce tutto si piange».

Qual è la caratteristica essenziale per esercitare questa professione?

Carla Saccardo: «Avere grande umanità e amore per il prossimo. Tenere per esempio la mano a una persona anziana durante il tragitto verso l’ospedale. E quando un paziente in arresto riprende a vivere, oppure quando si riceve un semplice “grazie” con gli occhi, veniamo ripagate di tutto».

Manule Zonta condivide tutto quanto detto dalle colleghe. Non ha tempo di aggiungere altro, deve raggiungere via in ambulanza un luogo dove può avere inizio una vita. È accaduto anche questo alle autiste d’emergenza ed ecco che il suono della sirena può non appare così tragico.

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