Quando Cossiga e Carlo d’Inghilterra visitarono la mostra sul Pordenone

Lo storico Benvenuto Sist rievoca le curiosità dell’esposizione del 1984 In città e a Villa Manin ci fu la “sfilata” di politici, studiosi e cardinali 

IL RICORDO

ENRI lisetto

Correva il 1984, anno “storico” per queste terre. In Friuli accorsero i big della politica, della Chiesa, persino il principe Carlo, erede al trono d’Inghilterra. Era l’anno della grande mostra su Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone. Evento al quale in questi mesi si fa spesso riferimento.

Quella mostra «era stata voluta per ricordare i 500 anni dalla nascita del grande pittore», ricorda Benvenuto Sist, appassionato di storia locale che ha firmato diverse ricerche e pubblicazioni. Il sindaco oggi emerito fece pubblicare un’edizione speciale di “Pordenone oggi”, periodico di informazione sulla vita della comunità e dell’ente locale. A distanza di 35 anni quel documento consente un confronto con la mostra di oggi, non solo dal punto di vista artistico, ma anche del costume e delle iniziative collaterali.

«Teniamo presente – dice Sist – che la mostra avveniva coraggiosamente a pochi anni dal terremoto del 1976, in pieno restauro delle opere e degli affreschi nelle chiese della provincia che ora rappresentano un patrimonio di inestimabile valore cultura e identitario».

«Le mostre – scriveva all’epoca Cardin – sono risultate di grande livello qualitativo per l’ampiezza degli orizzonti che abbracciano, per il pregio degli allestimenti, per il rigore scientifico con il quale sono state concepite. Un altro aspetto è l’ampia risonanza che le mostre hanno avuto sul piano dell’informazione». Ne parlarono Le Monde, la Stampa, Il Tempo, Avvenire, il Giornale nuovo, la Repubblica, Corriere e naturalmente la stampa locale. Il sindaco sottolinea «il largo concorso di forze che ha contribuito a sostenere il complesso sforzo del Comune» e la «massiccia presenza di scuole che ha indotto a posticipare la data di chiusura delle mostre».

L’attuale mostra, riflette Sist, «così compassata non trasmette particolari emozioni. La città sembra avulsa dall’avvenimento anche negli allestimenti cittadini molto misurati e radi».

Due, 35 anni fa, furono i fulcri dell’evento che vedevano Caterina Furlan coordinare il comitato scientifico presieduto da Rodolfo Pallucchini: i dipinti a Villa Manin di Passariano e i disegni nell’ex convento di San Francesco. L’ex teatro sociale cittadino ospitò la mostra “Società e cultura del ’500 nel Friuli occidentale”, palazzo Ricchieri “Pordenone: l’immagine della città nel ’500”, la galleria Sagittaria “Omaggio al Pordenone”. Ancora, i gemellaggi tra Pordenone, Cortemaggiore, Cremona e Piacenza. L’Azienda per il turismo propose ai visitatori delle mostre “A tavola con il Pordenone” che vedeva impegnati i ristoranti Moderno, Noncello, Ottoboni, Gildo e il Doge nel realizzare un piatto ricordo “ospitante”, ovviamente, una ricetta dell’epoca.

A visitare la mostra furono molti big della politica: il presidente del Senato Francesco Cossiga e i ministri Giovanni Spadolini, Franca Falcucci e Giovanni Goria; dall’estero, il principe Carlo d’Inghilterra (alcuni disegni esposti all’ex convento appartengono alla Regina d’Inghilterra) e il primate di Polonia cardinale Jòsep Glemp. Ancora, gli studiosi (che organizzarono tre giorni di convegno) Klara Garas (direttrice del museo di belle arti di Budapest) e William Rearick, docente di storia dell’arte nel Maryland (Usa). Accompagnarono gli eventi medaglia ed annullo postale nonché concerti, spettacoli e documentari della Rai.

Che cosa resterà, infine, della mostra del 2019-20? «A mio avviso, il volume curato da Alberto Magri “La Casa del Pordenone” che, rafforzando il desiderio dei pordenonesi di vedere lo Studiolo dove il Pordenone lavorava, ce lo fa sentire più “nostro”. Ancora, la mostra multimediale alla galleria Bertoia che, con immagini di altissimo livello, ci fa immergere nelle opere e godere di particolari che, a occhio nudo, ci sfuggirebbero. Un’esperienza nuova, oserei dire più affascinante della mostra vera e propria». —



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