Protesi tossiche all’anca, 20 casi in Friuli

UDINE. Aveva 53 anni il signor Marco quando, a causa di una coxartrosi, fu sottoposto a un impianto di artoprotesi di rivestimento all’anca destra. L’anno successivo l’intervento fu effettuato anche sull’altro arto all’ospedale di Palmanova. Tutto bene, all’apparenza.
Fino al 2011, quando dall’Ass 5 della Bassa friulana venne invitato a fare un controllo. Le analisi di laboratorio sul sangue e sulle urine accertarono concentrazioni di cromo e di cobalto quattro volte superiori il limite massimo consentito.
Nel 2012 cominciarono a manifestarsi numerose reazioni cutanee e di prurito in corrispondenza delle articolazioni. Quindi l’insorgenza di una pericolosa fibrillazione atriale. Il motivo? Le protesti che eravano in corpo erano tossiche.
Prodotte della De Puy Italia e commercializzate da Johnoson & Johnson erano dotate di componenti metalliche che sfregando tra loro rilasciavano microparticelle nel sangue di ioni cromo e ioni cobalto in alte percentuali.
Il signor Marco oggi è in attesa di un intervento di asportazione e di reimpianto delle protesi. Per un suo coetaneo residente nell’hinterland Udinese che, sempre nel 2006 fu sottoposto allo stesso intervento, la sostituzione dell’arto è già stata effettuata.
Ma a 10 mesi dall’intervento cammina con un bastone ed è affetto da ipotrofia quadricipite. Giulia, trasferitasi in Friuli dal Sud aveva 27 anni quando fu sottoposta allo stesso tipo di impianto. Quell’intervento le ha segnato la vita: faceva la barista, ma dopo quello che è successo ha dovuto smettere con quel lavoro, non poteva reggersi in piedi per tante ore in quelle condizioni.
Sono una ventina i casi simili approdati all’Associazione diritti del malato di Udine che opera all’interno del padiglione 6 al Santa Maria della Misericordia di Udine. Per questa vicenda che riguarda protesi difettose commercializzate fra il 2003 e il 2010 la Procura di Torino ha iscritto nel registro degli indagati cinque amministratori delegati della De Puy Italia.
«Gran parte dei pazienti che si sono rivolti a noi - rivela Anna Agrizzi presidente dell’Associazione – sono stati operati negli ospedale delle Bassa friulana, ma non solo. Stiamo seguendo diversi casi – aggiunge – e invitiamo chiunque si sia sottoposto a un intervento all’anca in quel periodo ad effettuare i necessari controlli, se già non lo ha fatto, e a non esitare a contattarci visto che stiamo attivando azioni legali e formulando le conseguenti richieste di risarcimento».
Si procede prioritariamente in via stragiudiziale per arrivare a un accordo e quantificare un indennizzo che, di solito, ammonta a diverse decine di migliaia di euro.
«Per alcuni pazienti si tratta di valori quantificati dall’inabilità temporanea, le sofferenze patite, le limitazioni nell’attività professionale – osserva l’avvocato Agrizzi – per altri è subentrata un’inabilità permanente caratterizzata da gravi limitazioni nella deambulazione. Sono stati sottoposti tutti al controllo del nostro medico legale, il dottor Alessandro Peretti» conclude.
La Johnson & Johnson Medical ha affidato allo studio Ruccellai-Raffaelli di Milano la tutela dei propri interessi ed è lo studio meneghino ora che si sta occupando delle pratiche risarcitorie.
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