Produce mascherine e le dona ai Comuni «Orgoglioso di sentire “Grazie Friuli”»

LA STORIA
Massimo Pighin
Un obiettivo non è mai impossibile, se si desidera raggiungerlo e per farlo si lavora intensamente. Si deve avere la propensione di guardare oltre quelli che appaiono come muri troppo alti e volerli scavalcare. Alessandro Sist, titolare della Siom Termoplast, azienda di Fiume Veneto fondata dal padre Antonio, ha sentito un’esigenza interiore: fare qualcosa per l’Italia. Ha convertito la produzione per realizzare mascherine e regalarle a chi era in prima linea. Abbiamo incontrato l’imprenditore che ha anteposto il bene della sua gente agli interessi dell’azienda. Al suo fianco la moglie, Chiara Borean, i due figli, Luca e Nicola, la famiglia, i collaboratori e i sindaci. «Mi sono reso conto che sono eroi, e che orgoglio quando un sindaco lombardo ci ha detto “Grazie, Friuli”» ha affermato.
Era la sera del 21 marzo: dopo aver ascoltato il premier Conte in tv decise che avrebbe dovuto fare qualcosa.
«Ho pensato non fosse giusto tenere aperta l’azienda senza produrre qualcosa di utile per il settore medicale. Abbiamo cercato di capire cosa fare. Il giorno successivo ho chiamato il sindaco Jessica Canton, amica d’infanzia, e un capotecnico della Protezione civile di Gonars. Alle 5.30 del lunedì io e altri due ragazzi eravamo in azienda per ragionare su come produrre una mascherina».
Il lavoro che ha portato alla creazione di “Genius” è stato intenso: come ci siete arrivati?
«Siamo partiti dal prodotto, non dallo stampo. Ci volevano tempo, che non avevamo, e una base di partenza: ce l’ha fornita Marco Avaro, un ingegnere biomedicale. Abbiamo cercato le migliori soluzioni per garantire qualità della respirazione e sicurezza. Abbiamo fatto test in un laboratorio accreditato: ’’Genius’’– l’abbiamo chiamata così in onore della creatività italiana – ha parametri qualitativi elevati».
Ne avete regalate 16 mila, ma il suo obiettivo è donarne 20 mila. Un pezzo importante del percorso è stato fatto: quali sono le sue riflessioni?
«Il nostro obiettivo era fare il bene della comunità nel minor tempo possibile. Stiamo ancora donando, la scorsa settimana abbiamo consegnato a sei comuni bergamaschi. La cosa che più mi ha toccato è stato sentire i sindaci lombardi: mi parlavano col cuore in mano».
La burocrazia non vi ha dato una mano.
«La burocrazia italiana è come un trattore: lenta, macchinosa. Invece di supportare, ostacola: basti pensare che i comuni hanno dovuto pagare l’Iva sulle mascherine regalate. È incredibile. Serve maggiore collaborazione tra le imprese e chi fa le norme».
Cosa vi rimarrà di questa esperienza?
«A livello umano ci sentiamo molto più forti, consapevoli di aver fatto del bene. Credo che possa essere d’esempio per i nostri figli: ci siamo posti un obiettivo nel momento più difficile e ce l’abbiamo fatta. Impegno e sacrificio pagano sempre». —
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