Preso il serial-killer delle squillo: voleva uccidere ancora
Stordiva le sue vittime a bastonate e le finiva a colpi di balestra. Ramon Berloso, 35 anni di Gorizia, ha ammesso l’assassinio delle due escort. «L’ho fatto per derubarle». E domenica sera, armato, stava per incontrarsi con una friulana. Catturato nella notte alla stazione di Padova: cercava di andare Milano per poi raggiungere il Brasile

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Erano là, sotto venti centimetri di terra. Seppellite sotto il ponte sul Torre, tra Tapogliano e Villesse, dal loro assassino il 10 marzo e il 20 maggio. Ilenia e Diana, 28 e 24 anni, due giovani escort che da Mestre e dal lago di Garda hanno trovato un’orrida morte nel greto di un torrente nella campagna friulana.
Carabinieri e polizia le hanno trovate ieri mattina a mezzogiorno grazie all’aiuto dei vigili del fuoco. Nude, in avanzato stato di decomposizione, entrambi con colpi di balestra sul corpo infertigli dal loro assassino. Che dall’altra notte è stato assicurato alla giustizia. La caccia all’uomo nelle campagne della Bassa iniziata lunedì mattina con una settantina di carabinieri e poliziotti, quattro elicotteri, protezione civile e cani addestrati, è finita infatti l’altra notte alle due, a quasi 150 chilometri di distanza, nella stazione ferroviaria di Padova.
Qui Ramon Berloso, 35 anni, originario di Gorizia, ma residente ad Aiello da un anno, bell’aspetto, fisico sportivo, è stato fermato dagli inquirenti. Era arrivato dal Friuli in treno poche ore prima, dopo essere fuggito alla trappola tesagli la notte precedente da polizia e carabinieri, proprio quando stava per incontrare una terza escort, un’udinese di 28 anni, che già aveva pianificato di uccidere con una balestra. Come aveva fatto con le altre. Berloso, braccato e senza soldi, privo di telefono e documenti, si era rifugiato nella notte nei campi, era poi salito a Ialmicco su un pullman in direzione di Cervignano. Qui aveva preso un treno fino a Treviso. Niente biglietto e una meta quasi incredibile.
Don Franco, conosciuto nel periodo di detenzione in carcere minorile. Era il suo padre spirituale, Berloso l’ha scelto per aprirsi, per dire che aveva fatto qualcosa di davvero grave. Poi “il lupo” ha continuato la disperata fuga, verso Padova, città che ben conosceva quando era in semilibertà. Nella città del Santo è arrivato a tarda sera, ma ha perso la coincidenza per Milano, penultima metà della sua fuga. Dalla città lombarda, dove aveva lavorato per anni e conosciuto l’ex moglie brasiliana, il fuggiasco sognava di spiccare il grande volo verso il Brasile. Con una scheda telefonica Berloso ha allora chiamato un’amica dall’altra parte dell’Oceano. E qui si è fregato. Il telefono della donna era sotto controllo. Carabinieri e polizia, coordinati dalle Procure di Brescia e Udine e guidati dal capo della mobile del capoluogo friulano, Ezio Gaetano, e da quello del Nucleo investigativo dei carabinieri, Fabio Pasquariello, aspettavano quella chiamata. Il prete ha fatto il resto.
All’una, in stazione a Padova, Berloso ha finito la sua fuga, prima di prendere il treno per Milano. Non ha opposto resistenza. Ha solo detto: «Parlo davanti a un magistrato». Gli inquirenti, una trentina, carabinieri e polizia in perfetta simbiosi, giunti da Udine, Padova, Desenzano, paese d’origine di una delle escort scomparse, l’hanno accontentato. Alle due dell’altra notte Berloso ha varcato il portone della Questura di Udine. Ad attenderlo c’erano il sostituto procuratore, Marco Panzeri (in contatto con il pm di Brescia Sandro Raimondi), Gaetano e Pasquariello. L’uomo, lucido, freddo, ha cominciato a rilasciare dichiarazioni spontanee. Ha parlato per quattro ore. Ha detto di aver ucciso le due donne: Ilenia Vecchiato, il 10 marzo, lo stesso giorno della sua scomparsa, a bastonate e con un colpo di balestra in pancia per finirla; Diana Alexiu il 20 maggio, questa solo a colpi di balestra dopo una colluttazione. E sempre lo stesso giorno della scomparsa. La prima eliminata nel giardino di una casa abbandonata a Villesse, la seconda su quell’argine, accanto al sito che il carnefice aveva scelto come tomba per le due donne.
«Avevo bisogno di soldi, sapevo che quelle ragazze ne avevano tanti, anche in contanti», ha detto agli inquirenti. Nessun movente sessuale, a quanto pare, nessun desiderio di vendicarsi con l’altro sesso dopo un matrimonio andato in fumo alcuni anni fa. Gli inquirenti lo hanno ascoltato, hanno raccolto ciò di cui avevano bisogno. Nel frattempo hanno mandato alcuni uomini sotto quel ponte per capire se quella da quattro e due mesi era diventata davvero la tomba delle due malcapitate escort. Subito da Aiello è arrivata una prima conferma: la strada bianca accanto all’argine, la salitella, l’ingresso nell’alveo, gli altri 300-400 metri di sterrato. Proprio come aveva detto Berloso. E poi quei piloni del ponte della strada regionale, la terra rimossa da poco.
Alle 6 per gli investigatori era abbastanza. A questo punto è stato convocato l’avvocato Roberto Mete, già allertato la sera prima. Lo avevano avvertito di prepararsi ad assistere un sospettato di omicidio, si è trovato di fronte a un uomo accusato di un duplice omicidio, rapina, occultamento di cadavere, porto abusivo d’armi (la balestra, micidiale arnese di cui si è detto affascinato sin da bambino), vilipendio di cadavere, come detto ieri dal procuratore Antonio Biancardi. E il legale udinese ha accompagnato gli investigatori e il suo assistito ad Aiello. Qui Ramon Berloso ha indicato con assoluta freddezza il luogo scelto con cura per seppellire le due donne. Un luogo impossibile da raggiungere, specie di notte. Eppure tra quei rovi, tra quelle piante che nascono da un giorno all’altro dopo le piogge, l’omicida si orientava bene, tanto da tornarci spesso sotto quei piloni, addirittura per accertarsi di aver fatto un bel lavoro con la pala.
Berloso ha indicato e gli investigatori, con tanto di specializzatissimi uomini della scientifica, sia di polizia che di carabinieri, giunti anche da Padova, hanno chiesto ai Vigili del fuoco di scavare. Con le pale e poi con una ruspa meccanica, mentre sul posto giungeva il medico legale Carlo Moreschi, accompagnato da un nutrito numero di giovani specializzandi. Quindi Berloso ha condotto gli inquirenti nelle campagne intorno a Crauglio dove, due notti prima durante la disperata fuga, si era liberato di una delle balestre. Trovata anche quest’arma, Berloso è stato condotto di nuovo in Questura e poi a Udine in carcere. Intanto quei pochi centimetri di terra avevano lasciato spazio ai cadaveri straziati di due giovani ragazze.
La terza, quella dell’appuntamento dell’altra notte, deve la vita all’intervento degli inquirenti. Nel bagagliaio dell’auto abbandonata il killer teneva un’altra balestra. Pronta ancora a uccidere. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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