Porto, nel mirino il collaudo della piattaforma

TRIESTE. La vicenda del Porto di Trieste finita nella rete dei pubblici ministeri di Firenze riguarda l’accordo stretto a Roma fra i burattinai. Riguardava non l’appalto dei lavori in questione, bensì la fase del collaudo. Ossia i professionisti che avrebbero dovuto aggiudicarsi gli incarichi per i quali l’Autorità portuale aveva emesso, nel giugno 2014, un avviso pubblico.
C’era infatti da nominare una commissione - composta da tre persone - cui affidare il collaudo tecnico aministrativo e statico della piattaforma logistica, opera da 132 milioni di euro la cui prima pietra è stata posata lo scorso novembre. Ma all’accordo non sono seguiti i risultati. Alla fine - dopo la perquisizione che i carabinieri avrebbero effettuato su ordine della procura di Firenze - la stessa Authority ha bloccato il bando dichiarando chiusa la procedura di gara.
È questa la storia che emerge dalle intercettazioni su quello che è stato definito il «Sistema» degli appalti. L’accordo preventivo per il collaudo della piattaforma - dicono le carte dell’inchiesta di Firenze - era stato definito, o meglio abbozzato, da personaggi importanti: Stefano Saglia, ex esponente del Popolo della Libertà e Nuovo centrodestra ed ex sottosegretario al ministero per lo sviluppo economico; Rocco Girlanda, ex Popolo della Libertà, già sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti nel governo Letta e segretario del Cipe, e ora consigliere del ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi.
E poi Ettore Incalza, il superburocrate dei Lavori pubblici, destinatario di una misura cautelare, colui che, come si legge nell’ordinanza, per i vari episodi contestati (fra cui quello di Trieste) «suggerisce al general contractor o all’appaltatore il nome del direttore dei lavori, cioè uno dei soggetti sempre riferibili a Stefano Perotti».
E nel giro degli «amici» indagati, oltre all’imprenditore Perotti, compare il nome di Francesco Cavallo, entrambi arrestati; e infine quello di Francesco Loffredo. Proprio quest’ultimo, a quanto si sa, era stato l’unico a concorrere al bando emesso dall’Authority. Nato a Napoli nel 1954 e laureato in ingegneria, Loffredo risulta iscritto all’ordine degli ingegneri di Arezzo dal 1996 e titolare dello studio Fl Engineering, con propaggini a Roma e Napoli.
Come si diceva, l’intera vicenda è andata archiviata per decisione della stessa Authority (all’epoca guidata da Marina Monassi). Lo ha sottolineato ieri infatti la stessa Autorità, ora retta dal commissario Zeno D’Agostino, dopo le verifiche sugli atti: «Esaminate le offerte pervenute, l’Autorità portuale non ha ritenuto di affidare il servizio, dichiarando chiusa la procedura di gara».
L’Authority precisa che «i lavori della Piattaforma Logistica sono in corso e queste vicende esterne non interferiscono con la regolare prosecuzione delle attività». Ma le intercettazioni sono rimaste e sono diventate parte integrante degli atti dell’inchiesta. Da qui l’accusa, per i sei indagati (di cui tre arrestati per altre vicende nella stessa indagine), di concorso in turbativa d’asta.
La commissione avrebbe dovuto verificare che i lavori della piattaforma - affidati alla cordata composta da Icop Spa (azienda di Basiliano, in provincia di Udine) e Cosmo Ambiente, gestita al 50% dalla casa di spedizioni Parisi e per il resto da Interporto Spa - sarebbero stati eseguiti a regola d’arte. L’opera è considerata una dei più importanti interventi necessari per l’ampliamento dell’area portuale di Trieste.
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