Pontebbana, l’asse della crisi

Da Casarsa a Sacile, decine di capannoni invenduti e sfitti. Vendite in calo fino al 40%. Tra cubi zero e speculazioni.
FOTO MISSINATO - veduta pontebbana con negozi affittasi vendesi
FOTO MISSINATO - veduta pontebbana con negozi affittasi vendesi

In una manciata di chilometri, migliaia di metri quadri di capannoni chiusi. Lo specchio della crisi si affaccia sulla Pontebbana, la strada a maggiore densità di traffico e quindi anche quella più attrattiva dal punto di vista commerciale e produttivo, essendo collegata con i principali centri e gli innesti autostradali. Invece basta percorrere i 35 chilometri che separano Casarsa della Delizia da Sacile per rendersi conto che la falcidia di aziende non ha prodotto il turn over. Restano cattedrali nel deserto, sfitte da mesi se non da anni, per le quali si pone seriamente il problema della riconversione.

Il viaggio. Il percorso sulla Pontebbana parte superando da un lato la caserma Trieste, pressoché abbandonata, e dal lato opposto la zona commerciale e produttiva della Lefim che, pur essendo autorizzata da alcuni anni, non è ancora partita. Resta solo la recinzione e la promessa di spazi, ma al numero di telefono esposto, evidentemente, hanno chiamato in pochi. A Zoppola si fronteggiano crisi passate e attuali: sulla destra la Friulvini, cooperativa in liquidazione con il suo grande spazio produttivo e di vendita, e dall’altra l’Ideal Standard per la quale la minaccia è di una chiusura nell’impianto che getterebbe nella disperazione centinaia di famiglie. Subito dopo la sopraelevazione, il complesso oggi conosciuto come sede del locale notturno “Mille lire”. In realtà, fin dalla sua costruzione, non è mai decollato: c’è ancora l’insegna del “48 occasioni”, testimonianza di truffa con fallimento e tanti spazi invenduti. Se ne è andata anche la Sme, trasferitasi nei nuovi locali pordenonesi, lasciando vuoto l’immobile arancione che l’ha caratterizzata per anni. Fino alla rotonda di Cimpello è un susseguirsi di spazi abbandonati: sedi di aziende che vendevano trattori, commercializzavano stufe, si occupavano di fotografia industriale. Paradossale lo scenario dopo il sottopasso della Pontebbana: a destra l’ex Gretag San Marco e una parte degli spazi commerciali prima della concessionaria d’auto, con enormi cartelli con le scritte “affittasi” e “vendesi”; a sinistra il nuovo centro commerciale. Il viaggio nell’invenduto continua con metà piano del complesso che ospita Trony e Oviesse e ancora, proseguendo a Porcia, una parte dello stabilimento Electrolux non utilizzato. Tutto ciò limitandosi unicamente a guardare quello che molti pendolari della Pontebbana vedono ogni mattina: oltre quei capannoni, infatti, gli invenduti si moltiplicano e così anche, lo spiegano a chiare lettere gli operatori del settore, nelle principali zone produttive disseminate in pressoché ogni comune della provincia di Pordenone. Se prima della crisi da cambio di paradigma del 2008 i fallimenti o le cessioni d’azienda non facevano che alimentare il turn over, oggi il mercato è bloccato. Un settore saturo, “drogato” dagli incentivi pubblici anni Ottanta e Novanta che premiavano l’edificazione dei muri più che le idee imprenditoriali.

L’andamento del mercato. La certificazione della crisi giunge dai dati dell’Agenzia delle entrate sull’andamento delle compravendite degli immobili per uso diverso rispetto a quello residenziale. Il raffronto è tra il primo semestre di quest’anno e l’analogo periodo del 2007, prima, quindi, della crisi mondiale. Come si evince dalla tabella che pubblichiamo, nel terziario (uffici e centri servizi) la flessione delle contrattazioni è stata del 5,4 per cento nell’intera provincia e dell’11,8 per cento nel capoluogo. Ancora più eclatanti i dati relativi al settore commerciale: meno 31,4 per cento nel Friuli occidentale e meno 41,4 a Pordenone. Per quanto concerne i capannoni industriali, le fabbriche e i laboratori la riduzione è del 42,6 per cento su scala provinciale e del 12,5 in città. Anche per le contrattazioni di minore valore relative alle pertinenze (parcheggi, spazi esterni e piccoli laboratori) la riduzione è stata rispettivamente del 31,4 e del 20,8 per cento.

I prezzi. Nell’ultimo anno non c’è stato alcun adeguamento all’inflazione dei prezzi di vendita e di locazione, si è registrata persino una riduzione. Nei quartieri della città le quotazioni degli immobili commerciali è calata dal 15 al 20 per cento, un andamento analogo a quello delle locazioni. Da Casarsa a Porcia fino a Fontanafredda, il prezzo di vendita al metro quadro, che varia da 300 a 450 euro, è immutato se non in flessione nel confronto con il 2010. In calo pure i canoni di affitto, con quotazioni da 2 a 3 euro al metro quadro al mese.

Cubi zero. Se è vero che la crisi è strutturale e non congiunturale si pone anche nel settore business lo stesso ragionamento che sembra fare breccia rispetto al residenziale: stop a nuove edificazioni per non cementificare ulteriormente verde immettendo metri cubi che il mercato non riesce ad assorbire. La logica riuscirà a prevalere sulle speculazioni?

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